Dopo il Gambia, anche in Afghanistan nuovo allarme per l’incolumità delle donne

Dopo il Gambia, anche in Afghanistan nuovo allarme per l’incolumità delle donne

Kabul, 28 marzo 2024. Dopo il preoccupante risvolto del Gambia, dove la settimana scorsa l’Assemblea Nazionale e il Parlamento hanno votato quasi all’unanimità la reintroduzione delle mutilazioni genitali femminili, pratica abolita nel 2015, è notizia di ieri la dichiarazione del mullah dell’Afghanistan Hibatullah Akhundzada, il quale avrebbe affermato che le donne accusate di adulterio verranno “lapidate in pubblica piazza”.

Quasi come una sfida dichiarata al mondo occidentale, il leader religioso afghano ci ha tenuto a sottolineare che questa sarà una dimostrazione di come l’Afghanistan farà rispettare la propria interpretazione della legge della Sharia, che già si sta traducendo nell’ulteriore inasprirsi della condizione delle donne afghane

Sì, perché per un assioma tutt’altro che incomprensibile, la lotta del mondo islamico estremista contro l’occidente, più che volentieri passa attraverso le donne. Per questi gruppi, emancipazione femminile, infatti, sembra fare rima con occidente.

L’anti-emancipazione femminile vuol dire invece che dal 2021, anno in cui gli USA si sono ritirati dal paese e i Talebani hanno nuovamente messo sotto scacco la popolazione, l’istruzione femminile è stata bloccata.

Perché una donna istruita, a quanto ci pare di capire, è contro ai più ferrei principi islamici

In questi ultimi vent’anni, la comunità internazionale si era impegnata a fondo per garantire e tutelare i diritti delle donne afghane, grazie soprattutto all’impegno del sottosegretario degli Affari Esteri italiano De Mistura, il quale si batté perché specifici riferimenti ai diritti delle donne afghane fossero inglobati nel programma del Mutual Accountability Framework, accordo bilaterale firmato a Tokio dalla comunità internazionale e dal governo della Repubblica Islamica dell’Afghanistan nel 2012.

Tra i vari punti, l’impegno da ambo le parti di migliore la condizione delle donne, soprattutto dal punto di vista normativo e del riconoscimento dell’uguaglianza di genere, che avrebbe dovuto essere contemplato nella nuova Costituzione afghana

A siglare il tutto, la sottoscrizione da parte del governo afghano della CEDAW, convenzione del 2003 dell’ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne.

Nel 2014, tuttavia, la comunità internazionale, in via di ritiro dall’Afghanistan, si interrogò a lungo se, nel momento in cui il neo governo afghano avesse spiccato il volo autonomamente, tali impegni sarebbero stati effettivamente mantenuti.

Soprattutto alla luce del fatto che, secondo uno studio condotto dal Global Rights nel 2008, le percentuali relative alla violenza sulle donne erano ancora preoccupanti

Si stimò, infatti che, in particolar modo nelle aree rurali, l’84,9% delle donne aveva subito almeno una violenza, che fosse fisica, sessuale o psicologica. La percentuale tuttavia era sfalsata dal fatto che moltissime violenze non venivano denunciate.

Fu per tale ragione che diversi paesi, tra cui l’Italia, dichiararono la volontà di non abbandonare le donne afghane al proprio infausto destino

Con la caduta di Kabul, riconquistata dai Talebani il 15 agosto del 2021 e la nuova instaurazione dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan, la sorte già in bilico delle donne è andata definitivamente alla deriva.

E quanto sta accadendo in questi giorni ne è un esempio lampante.

A ben vedere, però, non ci stupisce più di tanto. Il problema non era infatti se, ma quando sarebbe accaduto, anche sulla base delle statistiche del 2008 di cui si è detto.

Anche i movimenti per i diritti delle donne, tra cui il Women’s Window of Hope, se lo aspettavano

E adesso, il grido silenzioso delle donne afghane è stato raccolto e diffuso tramite la denuncia dall’avvocata Safia Arefi, la quale ha affermato che “con questo annuncio del leader talebano, si apre un nuovo capitolo delle punizioni private e le donne afghane vivranno i peggiori abissi della solitudine”.

Rimaniamo in attesa di comprendere quale sarà la risposta della comunità internazionale e se onorerà analoghi impegni già presi negli anni passati.

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