Djokovic può entrare: quando i radical chic si scoprono difensori dei confini

Djokovic

Novak Djokovic ha vinto il primo set contro la giustizia Australiana.

Il giudice cui aveva fatto ricorso contro la cancellazione del visto, ha disposto la restituzione del passaporto e condannato lo Stato alle spese.

La motivazione è che Nole non potesse fare altro per vaccinarsi che rimettersi al parere medico.

Ora la palla passa al Ministro degli Interni che ha comunque il potere di espellerlo per tre anni.

Da giorni Novak Djokovic era confinato in una struttura per rifugiati in Australia.

Al n.1 Atp, come è noto, è stato cancellato il visto d’entrata per partecipare agli Open, perché non vaccinato.

Nell’ambito del procedimento avviato con il suo ricorso contro la cancellazione del visto, Djokovic ha dichiarato di essere risultato positivo al test per il coronavirus il 16 dicembre 2021.

Ma il serbo ha partecipato a due eventi in presenza e senza mascherina il 16 e il 17 dicembre a Belgrado come dimostrano foto e dichiarazioni visibili sui social.

In precedenza aveva prodotto un certificato medico che lo esentava dalla vaccinazione.

Ma il punto non è questo

 Il punto è la solita distopia dei media schierati a sinistra in questa vicenda.

I sostenitori del ‘non ci sono confini’ ‘restiamo umani’ e sciocchezze varie, stavolta sono convinti assertori della rigidità delle norme sull’immigrazione.

Sacri protettori dei confini si affacciano sul bastione delle mura urlando all’invasore bianco, serbo e No Vax di tornare a casa sua.

Non pagherà loro le pensioni, quindi, né potrà giocare a tennis. Forse loro, da perfetti radical chic preferiscono il padel.

È più alla moda.

Sentire lo squittio di adoratori di Carola Rackete oggi urlare allo scandalo per l’ammissione di Nole in Australia fa sinceramente sorridere.

Chiamino la loro Capitana: di schiacciate nei porti lei è la maestra.

 

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