Difesa europea per quale Europa?

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Difesa europea? Mentre la politica italiana si attarda penosamente in schermaglie da retroguardia come quella su vaccini sì-vaccini no, il mondo va avanti. E pure velocemente. Prova ne è il riemergere deciso della vecchia idea di una comune Difesa europea.

La Presidente Van der Leyen (forte del consenso già ottenuto da Francia e Germania) spinge in tale direzione, ed il Presidente Mattarella sembra aderirvi con convinzione. Certo, poiché gli USA hanno chiarito che l’area geopolitica di loro interesse si è ridotta agli oceani Indiano e Pacifico, l’Europa è tenuta a prendere direttamente in mano il proprio destino e la propria sicurezza.

Ma questo cambio di rotta pone tutta una serie di problemi che una politica responsabile dovrebbe perlomeno cominciare ad esaminare. Mi rendo conto che chiedere serietà a zuzzerelloni, che giocano a farsi dei selfie trascorrendo giornate intere in comizi paesani, può apparire velleitario. Eppure è assolutamente urgente affrontare alcune questioni di fondo.

Una Difesa europea richiede alla sua base: una comune politica estera, una comune gestione dell’intelligence, ed una comune politica industriale. Ed allora: chi deciderà l’indirizzo di politica estera? Chi deciderà l’organizzazione e l’impiego dell’intelligence europea? Chi deciderà quali aziende impegnare nella ricerca tecnologica e nella produzione di sistemi d’arma? Mi si dirà: ma tutti i Paesi europei decideranno insieme ed appassionatamente!

Per carità! Abbiamo già visto i patetici risultati ottenuti dall’Unione Europea nella comune gestione della politica sanitaria anti-Covid. No. Il problema di una Difesa europea rimanda inevitabilmente al tema centrale -e continuamente evaso – di questa irrisolta Europa che di veramente comune, in realtà, ha solo il mercato (che peraltro neppure controlla).

Al tema cioè della necessità di costruire una Europa politica, e non solo monetaria, con istituzioni federali e con vertici e centri decisionali autorevoli perché autenticamente rappresentativi dei popoli dell’intero continente. Altrimenti tutto rischia di farsi confuso e indefinito, con abborracciate soluzioni di compromesso. Nel qual caso sarebbe meglio, forse, procedere secondo logiche nazionali. Tanto più che una comune Difesa europea presenta comunque dei costi non indifferenti. Cosa di cui i cittadini d’ogni Paese interessato dovranno essere ben consapevoli.

Il rapporto con la NATO

C’è poi un altro aspetto da valutare: il rapporto con la Nato. Alla quale dal dopoguerra in poi è stato, di fatto, demandato il compito di difendere l’Europa. Se l’Europa si dovesse infatti dotare di una sua comune Difesa, che senso avrebbe più la Nato?

Mattarella parla di complementarietà tra Nato e Difesa europea. Può darsi che la cosa sia possibile, ma il rischio di inutili quanto costose e delicate sovrapposizioni resta elevato. Per non parlare del fatto che, dopo il disastro dell’Afghanistan, la Nato ha comunque necessità di ripensare il proprio ruolo e la propria missione.

Vi è infine da considerare come coinvolgere attivamente, nella definizione di un progetto di Difesa europea, l’Inghilterra. La quale, pur non facendo parte dell’Euro moneta, fa pienamente parte dell’ Europa.  Perché qui, in fondo, non si tratta di essere più o meno europeisti. Si tratta piuttosto di capire che una Difesa europea, per essere forte ed efficiente, deve essere l’espressione di una diversa Europa, politicamente unita e culturalmente consapevole delle sua identità storica.

 

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