Difendere la libertà di espressione, sempre

Chi è fascista? Chi non difende sempre la libertà di espressione

Che il concetto di “Remigration” sia un anacronistico contenitore di teorie ridicole, non lo metto in dubbio. Ed è mia profonda convinzione che non si possa pensare di espellere persone regolarmente presenti nel nostro Paese solo sulla base del colore della pelle o di criteri etnici.

Quegli individui fanno parte a pieno titolo della comunità nazionale

Tuttavia, se per contestare idee come queste si arriva a fare uso della violenza anziché ricorrere al dibattito e al ragionamento lucido, allora siamo su una china pericolosa. Io credo fermamente che chiunque abbia il diritto di esprimere liberamente la propria opinione, purché lo faccia in modo pacifico. Questo diritto implica un dovere morale: quello di difendere anche — e soprattutto — il diritto di chi la pensa diversamente da me. La libertà di opinione è un valore assoluto. Difendere solo le idee che condividiamo è facile, ma non è questo il significato della libertà.

“Remigration” non rappresenta un pericolo. Lo è, invece, la mancata condanna da parte dei leader dei grandi partiti della sinistra nei confronti della violenza

In questo Paese sembra ancora aleggiare l’idea che la giustizia si faccia in piazza, che esista una “giustizia proletaria” capace di rimettere in ordine le cose a suon di indignazione e spranghe. È un principio perverso: pensare che gruppi autoproclamati di cittadini possano decidere cosa sia giusto o sbagliato e agire in base a questo.

Ancora più grave è che questi stessi gruppi si ritengano i difensori della Costituzione, pur tradendone lo spirito. La Costituzione italiana è chiara: esistono organi preposti alla difesa della Repubblica. Se permettiamo a singoli o comitati di decidere cosa può o non può essere detto, finiamo col legittimare la violenza e con essa consegniamo la Repubblica in mano a chi non ha né titolo né legittimità per rappresentarla.

La Repubblica è difesa dalle forze dell’ordine, da chi porta un’uniforme e tutela la legge. Chi la viola deve essere perseguito in tribunale, non da comitati che rappresentano minoranze rumorose o frange violente che pretendono di parlare a nome del popolo italiano, del proletariato o di ideologie già condannate dalla storia

Eppure, oggi, ci si indigna tanto per il fascismo. Ma che cosa si intende realmente condannare del fascismo? I manganelli, le camicie nere, le spedizioni punitive? E allora coloro che mettono a ferro e fuoco le città, cosa sono? Per essere squadristi bisogna per forza indossare la camicia nera?

Impedire a qualcuno di parlare solo perché ha idee diverse, incendiare le strade, aggredire agenti di polizia: non è forse anche questo squadrismo?

La verità è che la sinistra italiana non ha mai chiarito fino in fondo il proprio rapporto con la violenza. Il vero problema non è a destra. Il Movimento Sociale Italiano, ad esempio, chiese la pena di morte per i terroristi. La “linea della fermezza” fu condivisa anche da Enrico Berlinguer. Eppure, ancora oggi, i “compagni brigatisti” vengono osannati. Renato Curcio è stato trattato quasi come un premio Nobel per la pace. Adriano Sofri, invece, viene celebrato non per la presa di coscienza dei suoi errori, ma per il periodo più violento di Lotta Continua, quando sulle pagine del giornale si pubblicavano gli indirizzi dei ragazzi di destra

Ecco, lì dovrebbe esserci un limite alla libertà di espressione: si può esprimere dissenso, si può anche vomitare odio ideologico — se proprio si vuole — ma non si possono fornire coordinate utili a fare del male. Lì, il buon senso deve prevalere.

Non dovremmo stupirci più di tanto. Abbiamo forse dimenticato il violento appello lanciato da tanti intellettuali contro il commissario Calabresi? Chi di loro si è mai pentito?

Più di 700 firmatari, e nessuno si è scusato nemmeno dopo che fu chiarito che Calabresi non era presente all’interrogatorio in cui Pinelli morì precipitando da una finestra

È giusto voler fare luce su quel caso. Ma non si può incitare all’odio, tanto più quando non si è certi dei fatti.

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