Difendere il garantismo è difendere lo Stato di Diritto: il caso Santanchè

Difendere il garantismo è difendere lo Stato di Diritto: il caso Santanchè

Ieri alle 15 il Ministro Santanchè ha offerto al Senato la propria difesa serrata rispetto alle accuse che le sono state mosse dalla trasmissione Report sulla situazione delle aziende che fanno capo alla stessa esponente di Fratelli di Italia.

Ieri in Senato

Intanto, partiamo dal presupposto che il Ministro non era tenuta per legge a riferire. Motivi di opportunità l’hanno condotta a questa scelta e gliene va dato atto. La difesa ha ruotato essenzialmente attorno al tentativo di dimostrare la propria estraneità ai meccanismi decisionali che hanno determinato gl ingenti problemi finanziari e le conseguenti discutibili decisioni delle suddette aziende. La domanda è: la Santanchè era giuridicamente responsabile o no? Ma su questo, con buona pace di Domani, solo la magistratura potrà decidere.

Lo stato delle inchieste

Per adesso, il dato di fatto è che sono in corso delle regolarizzazioni effettuate secondo le leggi dell’ordinamento vigente, che già hanno condotto alla revoca delle istanze di fallimento avanzate dal PM per Visibilia Holding e Visibilia Editore, e una ipotesi di transazione per Visibilia S.r.l. che andrebbe a evitare buona parte dei reati più gravi astrattamente configurabili.
Vedremo come andrà e quale dei procedimenti giudiziari intentati resterà in piedi. Per adesso quel che si può e si deve fare, è aspettare. E, cercare di farlo in modo sobrio, sarebbe il minimo per una classe dirigente degna. Ma, a vedere le reazioni sguaiate di certa parte politica, si deve amaramente confessare che la realtà non spinge nella direzione dell’equilibrio.

L’atteggiamento dell’opposizione
L’opposizione (ad eccezione di Italia Viva), annusando la preda, si è lanciata come una iena sul leone morente in una caccia serrata alle dimissioni, strumentalizzando la vicenda ben oltre i suoi confini giuridici.

Tale atteggiamento giacobino che si esprime con apposita mozione di sfiducia individuale avanzata dal Movimento 5 Stelle (e te pareva?!) e sostenuta dalla neo-grillina Elly Schlein la dice lunga sul piano inclinato che la sinistra italiana ha deciso di assecondare. Un tempo le attuali convergenze avrebbero fatto vergognare ambedue i protagonisti; oggi non è più così! Segno dei tempi che cambiano e delle crisi di identità che conducono ad alleanze innaturali in cerca di una trama comune che sistematicamente viene trovata “contro” e mai “per” qualcosa.
Stupisce invece Calenda che si è sempre professato garantista ma che oggi si incammina su una pericolosa china con argomentazioni degne dei funzionari del Politburo invero assai artificiose e piuttosto singolari. Un cortocircuito quello del leader di Azione, che si discosta molto dalle idee liberali che dichiara di sostenere mentre si avvicina sempre più – e non solo sulla giustizia – a posizioni socialisteggianti. Da lì, la contrapposizione netta con Italia Viva, il cui leader ricorda ancora le indagini campate in aria sul suo conto (e quello dei più stretti congiunti) e poi risoltesi in autentici fallimenti.

La strumentalizzazione della vicenda
Invero, tutta la bagarre sulle dimissioni è ridicola, poiché gli atti di indagine non sono sentenza di condanna, ma, al massimo, configurano una ipotesi accusatoria che deve essere vagliata dal Giudice per tre gradi di giudizio. Immaginare che si possa pretendere le dimissioni a seguito di qualcosa di così generico come l’iscrizione nel registro degli indagati (che, si ricorda, è atto dovuto), è da giustizia sommaria senza processo. Cosa accadrebbe se – per ipotesi – il Ministro si dimettesse e poi tra anni (perché i tempi ahimè sono questi) venisse assolta magari con formula piena? Domanda tutt’altro che retorica visti i precedenti. La risposta è piuttosto evidente e affonda le radici in numerosi amministratori dalle carriere rovinate da inchieste farlocche.

D’altra parte, a che pro presentare una mozione di sfiducia che, stante i numeri, non ha alcuna possibilità di passare, se non per cavalcare l’onda dell’etica pubblica tentando di recuperare visibilità e consensi in un contesto nel quale il Governo sta ottenendo buoni risultati e l’opposizione è al palo? Chissà… a pensare male si fa peccato ma…….
Così come non può stupire la singolare circostanza temporale che l’accanimento di Report nei confronti di Santanchè giunga nel mezzo del dibattito sulla riforma Nordio.

Anche qui, a pensar male………..

La difesa del garantismo

Allora, difendere il garantismo non significa difendere la Santanchè, né tantomeno il malaffare: vuol dire difendere un principio sacro in uno Stato di diritto per cui le conseguenze di certi fatti debbono passare prima dall’accertamento di questi fatti. E, al momento nulla è accertato in termini di responsabilità personale (e penale). Quando lo sarà e se lo sarà, si potrà parlare di dimissioni (più o meno) coatte. Questo vale o dovrebbe valere per tutti, di destra, centro o sinistra. Al contrario, la visione semplicistica dei nuovi censori della morale conduce direttamente allo stato etico di hegeliana memoria. Legittimo sperarlo, ma finché siamo in una democrazia liberale, è una forzatura inaccettabile, buona per sedurre l’opinione pubblica.

Dimissioni: questione di opportunità, non di giustizia

Altra discorso, è, invece, quello relativo alla opportunità politica. Cioè, fa bene al Governo il permanere in carica di un ministro coinvolto in fatti che, ove accertati, sarebbero gravissimi?
Come risulta evidente all’occhio non ideologicamente ottuso, si tratta di una valutazione evidentemente e meramente politica che spetta in primo luogo all’interessato e, in seconda battuta, al Governo medesimo sulla base di parametri che niente hanno a che vedere con la morale né, in ultima analisi, con una supposta etica pubblica. Ciascuno ha su questo la propria legittima opinione, e, ad oggi, si potrebbe persino convenire che sia opportuno il passo indietro, purché ciò non implichi in alcun modo un conseguente dovere – tantomeno morale – di procedere in tal senso.

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