Dichiarata morta dai medici e messa in una sacca per cadaveri, ma è viva

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Due ore e mezzo chiusa in una sacca per cadaveri. Una ragazza di venti anni, nel Michigan, ha vissuto la più raccapricciante esperienza che possa capitare a una persona: è stata data per morta, e trasferita dentro una di quelle sacche nere fino a un’impresa di pompe funebri, dove gli addetti l’avrebbero dovuta sottoporre alle procedure per prepararla alla sepoltura.

Timesha Beauchamp stava cioè per essere dissanguata e imbalsamata, quando gli addetti hanno notato che il suo corpo mostrava un lievissimo sollevarsi e abbassarsi del petto.

Gli addetti delle pompe funebri si accorgono che la ragazza è viva

Con vero orrore, i dipendenti del James H. Cole Home for Funerals si sono resi conto che la giovane era viva. Timesha è stata immediatamente trasferita in ospedale, a Detroit, ed è adesso in rianimazione, ma si teme che quelle due ore e mezzo trascorse nella sacca, senza soccorsi, possano averne compromesso per sempre la salute.

La giovane aveva già una condizione fisica molto fragile, poiché soffre di paralisi cerebrale fin dalla nascita: «Voglio però che tutti sappiano che la mia bambina è una ragazza vivace e intelligente» si sfoga la mamma, Erica Lattimore. Timesha era a casa, la mattina di domenica, con la nonna, e stava seguendo la sua solita trafila mattutina, con la colazione, la doccia, e un esercizio respiratorio. Ma a un certo punto è caduta per terra in preda a un attacco di convulsioni, seguito da totale immobilità.

La nonna ha chiamato il numero delle emergenze, ed è arrivata un’ambulanza dei vigili del fuoco, i cui paramedici hanno tentato per mezz’ora di «rianimare» la giovane. Sui loro strumenti non risultava nessun battito cardiaco, e la respirazione appariva del tutto inesistente. Hanno dunque chiamato il medico di turno all’ospedale al quale hanno trasmesso i parametri biologici della paziente, e questi ne ha dichiarato la morte.

Medici e infermieri

A quel punto i paramedici hanno chiamato l’ufficio del medico legale, comunicandogli gli avvenimenti e la decisione del medico di turno. Il medico legale ha ritenuto inutile eseguire un’autopsia e ha dato l’ordine di informare i parenti e dare loro in consegna il cadavere.

Solo allora gli infermieri hanno telefonato alla mamma di Timesha, che non riusuciva a crederci: «Ma siete sicuri che sia morta?» continuava a chiedere, e loro continuavano a rispondere «Sì signora, se ne è andata». Quasi tre ore più tardi, la mamma si sentiva chiamare di nuovo: «Signora, stiamo portando sua figlia all’ospedale. Respira. E’ viva».

«E’ un’esperienza devastante – ha detto il giorno dopo la signora Erica Lattimore -. Qualcuno ha stabilito che mia figlia era morta, ma non lo era. Cosa significherà per lei questa esperienza? È stata segnata per la vita». Poichè la giovane soffriva già di una malattia, c’è anche il timore che l’assenza di soccorsi pronti e continui possano averne anche peggiorato la gravità.

Per non parlare dell’effetto psicologico: «Stava per essere dissanguata. E poi dovevano iniettarle il liquido necessario all’imbalsamazione.

Un’esperienza che fa tremare il cuore anche della persona più coraggiosa» spiega l’avvocato Geoffrey Fieger, che la famiglia ha assunto per fare luce sulla vicenda. Sia i paramedici, che il medico, che il medico legale, insistono che la procedura è stata seguita fedelmente: «Non c’erano segni di vita. E abbiamo tentato ogni procedura per riportarla alla vita» giurano i paramedici.

 

Anna Guaita per “www.ilmessaggero.it”

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