“Decreto liquidità”: tante promesse, niente soldi

Decreto

“Decreto liquidità”: potenza di fuoco o scatola di cerini?

Lo scriviamo prima che esca il testo, sulla base di quanto comunicato dal capo del governo in conferenza stampa: non ci siamo per niente. L’annuncio in pompa magna di Conte (“una poderosa potenza di fuoco da 400 miliardi”) nasconde la solita triste verità, ovvero non ci sono soldi. Si tratta, infatti, di un decreto che si fonda tutto su garanzie statali sui prestiti alle attività economiche, ma non prevede alcun sussidio diretto a imprese e partite IVA.

IL GOVERNO NON PUÒ IMMETTERE LIQUIDITÀ

Insomma, il succo del discorso è semplice: il governo invita imprenditori e professionisti a rivolgersi alle banche per prendere soldi a prestito. Ciò conferma quanto già si temeva dopo il primo decreto, il “Cura Italia”, cioè che il governo non può immettere direttamente liquidità. Probabilmente il motivo è semplice, al di là delle dichiarazioni roboanti del premier, la verità è che la BCE non batte moneta e Bruxelles non accetta sforamenti di bilancio.
Così l’esecutivo non può fare altro che invitare a chiedere soldi in prestito agli istituti di credito fornendo garanzie sulla restituzione. Con la speranza che non vi siano troppe sofferenze bancarie da dover ripianare nei prossimi anni.

PROSPETTIVE TRAGICHE

Il grosso dubbio sta nella disponibilità o meno degli operatori economici di accendere prestiti e mutui in una situazione economica dalle prospettive tragiche. Viene da chiedersi, infatti, chi abbia il coraggio di rivolgersi alle banche per prendere finanziamenti che, comunque, prima o poi dovranno essere restituiti. Soprattutto se si prevede un calo del fatturato, per i prossimi due anni, anche del 60-70%.

L’ESEMPIO DELLA GERMANIA

Tanto per far capire cosa avremmo voluto per l’Italia è sufficiente prendere ad esempio la Germania. Nella prima manovra da 156 miliardi di euro, circa 50 sono stati destinati all’aiuto immediato alle piccole aziende. Per le imprese con meno di 5 dipendenti è stato disposto un sussidio di 9.000 euro per tre mesi, per quelle con meno di 10 dipendenti l’aiuto potrà arrivare a 15.000 euro. Questo significa “immettere liquidità nel sistema” e non dire agli operatori economici “andate a chiedere i soldi in banca”. Ma la Germania ha il via libera di Bruxelles, l’Italia invece va in Belgio con il piattino dell’elemosina in mano.

SCATOLA DI CERINI

Pare evidente, quindi, che “la poderosa potenza di fuoco” messa in campo del governo rischia di rivelarsi una scatola di cerini bagnati.

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