Dallo stupro di Palermo alle borseggiatrici impunite

Dallo stupro di Palermo alle borseggiatrici impunite.

E’ di tutta evidenza, lapalissiana, la diversità dei due esemplari tipi di violenza.

Dunque perché parlarne in contemporanea?

Perché la violenza non ha colore, non ha ideologia, non ha alibi, non ha alcuna giustificazione., ma soltanto un diverso grado di gravità.

I nostri giovani sono a rischio. Si vedono troppo spesso con il bicchiere in una mano e una canna nell’altra. Quando non assumono, deliberatamente o involontariamente, sostanze ben più pesanti e deleterie. Magari la cosiddetta droga dello stupro.

Sottovalutare il problema non serve a nasconderlo o superarlo. Tanto meno risolverlo.

Specie quando si tratta di minori, di adolescenti in età evolutiva, le prime istituzioni che devono controllare e farsene carico, sono, ovviamente, la famiglia e la scuola. Che, purtroppo negli ultimi decenni latitano in modo eclatante. Non tutte, ovviamente, ma sempre troppe rispetto ad altri momenti della storia dell’ultimo mezzo secolo.

Prima del 68 noi giovani allora, ci siamo ribellati ad una severità che ci sembrava eccessiva. E forse lo era. Ma dopo il 68, abbiamo assistito a una decadenza esorbitante nel sociale , nell’educazion e nell’istruzione. Di questo abbiamo spesso detto. Ma dire non è sufficiente. Occorre fare. Anziché prendere il toro per le corna lo abbiamo lasciato libero di scorrazzare a suo piacere, talvolta mostrando troppi mantelli rossi . Fino ad arrivare alla cultura woke e alla cancel culture.

Si tratta dunque di comprendere quanto le suddette sostanze, droga e alcool, influiscano sul comportamento più o meno violento dei giovani. E quanto, altresì, conti la prevenzione da parte delle istituzioni. Come si diceva, famiglia e scuola in primis.

Sarebbe troppo semplice citare uno dei miei aforismi, precetti, favoriti, “in medio stat virtus”. Eppure se non vogliamo che le nuove generazioni siano travolte da movimenti e gesti violenti ce ne dovremo fare carico.

Anche il cellulare e il pc, l’uso eccessivo della tecnologia, è sotto accusa.

“Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”. La frase sul web viene spesso citata e attribuita ad Einstein soprattutto in relazione al crescente utilizzo dei cellulari e degli smartphone e al loro impatto sulle relazioni sociali.

“Ma la frase non appare in nessuno scritto di Einstein, né tanto meno nella raccolta The Ultimate Quotable Einstein (Pensieri di un uomo curioso). Inoltre non vi è alcuna evidenza che Einstein abbia mai fatto una dichiarazione del genere. La frase è stata probabilmente creata ad hoc e risale probabilmente al 2012”.

In ogni caso non è importante chi l’ha, o l’avrebbe, detta. Certo è molto forte e incisiva, ma certo è che l’uso eccessivo di questi strumenti tecnologici fa perdere un tasso troppo alto di sensibilità all’individuo, rendendolo spesso ottuso e indifferente alle relazioni umane. Negli uffici pubblici se un servizio si blocca è colpa del sistema che non funge. Quando basterebbe tenere accese, in azione e operanti, le due posizioni, in alternativa. Quella della competenza individuale e quella tecnologica. Ma troppo comodo è affidarsi allo strumento. Magari, dimenticando o accantonando l’uso della mente e del suo ingegno.

Quando si tratta di giovani la situazione diventa ancora più grave. Poco da dire , se non che il cervello in evoluzione è fragile, il sistema di ricompensa è meno attivo quindi bisognoso di esperienze più forti perché i ragazzi si sentano pienamente gratificati. E questo predispone ad adottare comportamenti a rischio. Spesso violenti.

Già ma che c’entra la tecnologia con la violenza. In questo caso non c’è molto da spiegare. Basta andare su qualsiasi social, e trovare la più crassa tipologia di scenari di violenza, sopraffazione e abusi di ogni valenza.

A questo proposito vorrei citare “The end of history and last man” dove Francis Fukuyama riesce ad anticipare le problematiche dei giorni d’oggi e parla di società basata sull’innovazione telematica e dei mezzi di come gli attuali social, Facebook, twitter, Instagram, eccetera.

Questo comporterà, secondo il noto politologo, molti danni, con i relativi problemi come il cambiamento dei rapporti sociali ed interpersonali, aumento della disoccupazione, della criminalità, diminuzione delle nascite, deterioramento della morale ed infine diminuzione del capitale sociale. E ci stiamo arrivando, purtroppo. Se non ci siamo già arrivati.

Il politologo sostiene che, in ogni caso, ogni società è in possesso di auto-organizzazione, la quale permetterà di superare il passaggio traumatico da un’era all’altra, l’essere umano si adatterà al cambiamento nel migliore dei modi…
L’evoluzione non è un fatto casuale ma è scaturita da una serie di eventi concatenanti.

“Con un ampio riferimento alle democrazie liberali nel mondo intero ed alla tesi proclamata Fukuyama definisce la Fine della Storia e dell’ultimo uomo come fondamentale riferimento alle riflessioni politico economiche riverse nel mondo sociale.

La fine della storia di Fukuyama è una una profezia smentita almeno una volta.

Nel 1989 Francis Fukuyama profetizzò l’imminente “fine della storia” riferendosi al fatto che, dopo il crollo del comunismo sovietico e la fine della Guerra Fredda, la democrazia liberale e il capitalismo sarebbero stati destinati a pervadere, gradualmente, tutte le nazioni del pianeta. Tre decenni dopo, constatiamo che tale previsione era eccessivamente semplicistica. E il primo a rendersi conto che la fine della Guerra Fredda non ha frenato, ma bensì accelerato, il dispiegarsi della storia è lo stesso Fukuyama. Il 18 marzo 2017 la rivista svizzera NZZamSonntag ha pubblicato un’intervista a Fukuyama in cui l’autore ritrattava numerose considerazioni espresse in passato, tradotta da chi scrive per Osservatorio Globalizzazione”.

E le borseggiatrici impunite? Ne parleremo la prossima volta.

Fonte Adnkronos
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