Dalla Toscana alla Calabria: il “reddito regionale” diventa la bandiera del campo largo

rigassificatore

Dalla Toscana alla Calabria: il “reddito regionale” diventa la bandiera del campo largo

Ma la domanda che tutti si pongono realmente è: qual’è realmente il sottile confine tra promessa elettorale e voto di scambio?

E la seconda è: esisterà un giudice non a Berlino ma a Roma che avrà il coraggio di farlo notare?

Non è il nuovo film di Albanese, ma gli assomiglia molto, il film inizia a Firenze, il 18 agosto 2025: Pd e M5S firmano il patto elettorale per le regionali toscane, 23 punti in cui spunta – nero su bianco – il “reddito di cittadinanza regionale” insieme a salario minimo, chiusura del rigassificatore di Piombino e altri totem pentastellati. Un accordo che per i dem è “trasparente e costruttivo”, per gli alleati un “segnale storico”.

Ma è soprattutto il grimaldello che riapre l’asse con Conte e incendia la polemica nazionale

Carlo Calenda lo definisce un menù di “assurdità”, minacciando lo strappo. Fatti e date alla mano.

Il secondo atto si sposta a sud, in Calabria, dove il “campo larghissimo” incorona l’ex presidente Inps Pasquale Tridico: prima disponibilità il 20 agosto, via libera politico nei giorni successivi, ufficializzazione il 23 agosto. L’obiettivo è sfidare il governatore uscente Roberto Occhiuto alle urne del 5-6 ottobre. Nella coalizione, oltre a Pd e M5S, si agitano alleati rumorosi (Avs chiede spazio, Azione balla). Ma la candidatura c’è, e fa rumore

La promessa: “Reddito di dignità” con fondi Ue ( eccetto perché gli europei stanno a guardare e se poi si lamentano che non vogliono pagare i debiti e le ruberie italiane, basta dire che è colpa dell’ Europa che vuole fare il riarmo e della Commissione Europea e magari richiamare alla memoria l’ euro e che con la lira si stava meglio strizzando l’ occhio all’ elettorato leghista che confida nei mini bot di borghiana memoria).

In Calabria il copione cambia tono. Tridico apre la campagna su un “Reddito di dignità” regionale da finanziare con fondi europei, collegato – dice lui – a serie politiche attive e a un piano straordinario per la sanità. La tesi viene ribadita in più interviste e lanci di agenzia: “Per finanziarlo useremo i fondi europei, c’è anche una raccomandazione della Commissione Ue che lo caldeggia”. Non un dettaglio tecnico, ma il cuore del messaggio politico

È fattibile? Sullo sfondo c’è la Raccomandazione del Consiglio Ue del 30 gennaio 2023 sull’adeguatezza dei regimi di reddito minimo e l’idea – non nuova – di usare l’ESF+ per misure di inclusione e attivazione.

Non è un assegno “a pioggia” garantito da Bruxelles: si tratta di indirizzi politici (non vincolanti) e fondi strutturali programmati e cofinanziati, che possono sostenere schemi di sostegno se integrati con servizi e percorsi verso il lavoro. In altre parole: possibile sulla carta, complesso nella pratica e subordinato a criteri, bandi e cofinanziamenti.

La bordata degli avversari: “voto di scambio 2.0”

La narrativa degli oppositori è pronta: “girare i soldi dell’Europa direttamente a chi lo voterà”. L’accusa – politicamente efficace, giuridicamente scivolosa – traduce in slogan l’idea del reddito regionale, bollandola come clientelismo in salsa Ue.

Testate e commentatori critici parlano di “bluff”, ricordando i limiti dei vecchi sussidi e la fame di personale nella sanità calabrese

Tridico ribatte con i numeri della povertà e il richiamo europeo; gli scettici replicano con i paletti della programmazione e i tempi della burocrazia. Partita aperta.

Cosa c’è davvero in gioco

1. Politica. Dopo il patto toscano, il “reddito regionale” diventa segno identitario del nuovo asse Pd-M5S. In Calabria è la calamita per unire (o dividere) un campo ampio ma rissoso.

2. Tecnica. L’Europa consiglia regimi di reddito minimo e finanzia inclusione e attivazione; non eroga assegni elettorali. Ogni euro va incastrato in programmi, cofinanziato, rendicontato. Traduzione: non è denaro facile né immediato.

3. Percezione. La promessa semplice batte il cavillo complesso. Qui si decide l’elezione: tra speranza di un paracadute e diffidenza verso l’ennesimo annuncio.

La chiosa tagliente

Nel giro di una settimana, la politica ha rispolverato il suo vecchio trucco: rinominare un sussidio, prometterlo meglio, scaricare su Bruxelles la copertura. A Firenze lo chiamano “reddito di cittadinanza regionale”; a Catanzaro “reddito di dignità”. Cambiano i nomi, restano i conti: l’Europa dà cornici, non bancomat. E tra cornici, cofinanziamenti e bandi, al cittadino non interessano i regolamenti: vuole soldi e servizi, subito. Se il progetto Tridico diventerà rete o resterà slogan, lo diranno urgenze, capitoli di spesa e capacità amministrativa.

La verità è che se in Calabria una promessa simile potrebbe non restare sorprese nella Toscana della Menarini, di Gucci e Ferragamo suona come un’ allarme come un attenti siamo alla canna del gas, è il segno di una politica incapace di vedere oltre il presente prossimo arresa che non ha fiducia in sé e nei propri cittadini

Una politica che vede l’ elettore solo diviso in due categorie uno meno numeroso, percepito come contribuente da poter tassare e depredare e uno come rassegnato, privo di speranza votato solo alla sopravvivenza e assuefatto agli aiuti e all’ all’ assistenzialismo che come un tossico al Sert è costretti a non poterne fare a meno.

Un presidente di Regione come la Toscana che decide di avvallare un programma come quello dei cinque stelle è come un generale che alza bandiera bianca cercando di convincere la truppa che arrendersi vuol dire vincere.

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