Cristoforo Colombo e la scoperta… delle balle – Parte II

Le 5000 Lire del 1973 (2°tipo). Il retro con le navi di Colombo.

Le 5000 Lire del 1973 (2°tipo). Il retro con le navi di Colombo.

Quello che avreste voluto sapere su Cristoforo Colombo* (*ma non avete mai osato chiedere)

Cristoforo Colombo lanaiolo e marinaio.

Nella prima parte abbiamo lasciato il nostro Cristoforo Colombo giovinetto al primo imbarco all’età di 14 o forse di 23 anni.

“Oh, erano piccoli viaggi di cabotaggio,” dice il Granzotto “su barche da niente”. Si fa di tutto per uscire dalle strette del padre che essendosi estraniato dalla politica aveva più tempo per portare il figlio dal notaio. Infatti prosegue Granzotto “s’era messo ad accompagnare i carichi paterni” che consistevano in lane, tessuti, vini e formaggi, “per barattarli con altre merci”. Però spingendosi al massimo fino a Noli, “prima di tentare l’altra riviera , dalla parte di Levante”.

Abbiamo appena visto Cristoforo quattordicenne che, barattando formaggi, precocemente già buscava il levante per il ponente e questo poteva accadere solo a Genova dove “…si poteva acquistare la pratica e la perizia della navigazione anche senza fare il mestiere di marinaio”.

Lo afferma con convinzione Rinaldo Caddeo 1, un altro autorevole colombista ed esperto di navigazione che ci spiega come fosse ciò fosse possibile: “si diventava pilota, comito, capitano di nave senza frequentare nessun istituto nautico che rilasciasse le relative patenti!” E ci viene subito il sospetto che allora a Genova ci fosse un giro di documenti falsi.

Tessitore di storia

Questa miniatura medievale potrebbe intitolarsi: Susanna mentre carda la lana guarda amorevolmente il figlioletto Cristoforo impegnato al telaio.

Però il prof. Angelo Sanguineti 2 scrive nel 1849 “con discorso netto da cavilli e contumelie” che i fratelli Colombo “nella loro puerizia aiutavano il padre a campar la vita coll’esercizio d’una professione meccanica” che supponiamo sia stata esercitata al telaio perché Cristoforo “dovea tesser degnamente la storia”.
Quindi Cristoforo alterna il telaio al piccolo cabotaggio che lo tiene lontano per giorni interi, per questo motivo studia poco ed è svogliato, dice il Caddeo. Insomma è intelligente ma non si applica.

Il segreto dei grandi capitani.

D’altra parte studiare non serve perché, dice Caddeo, si apprende “quasi senza avvedersene a disporre le vele, a governare le gomene, e il timone, a conoscere l’uso della bussola, dell’astrolabio, della toleta de martelojo 4, a puntare le carte, a far la stima del percorso, a interrogare le stelle, a sentire il regime dei venti, la direzione delle correnti, l’insidia degli scogli, l’invito dei porti tranquilli, i pericoli delle lunghe calme...” Soprattutto queste ultime.

Ma è un dono di tutta la famiglia Colombo, non solo di babbo Domenico che oltre l’arte della lana ha trasmesso ai figli questa capacità e “chi non tiene conto di questo non comprenderà mai il segreto dei grandi capitani di mare.” Conclude il Caddeo.

Allora non si tratta di un dono, è un segreto di famiglia che rendeva possibile che un povero sarto chiamato Giannetto (Giovanni), supposto cugino di Colombo divenisse in capo a due anni, un grande capitano della marina spagnola. Giannetto comanderà infatti una caravella nel terzo viaggio di Cristoforo Colombo per poi diventare maggiordomo dell’ammiraglio. Qualcosa non quadra e qualche storico avanza riserve su tale identificazione ad esempio il De Lollis 3.

La scoletta di Pavia.

La frequentazione delle osterie del padre e del porto multietnico di Genova (e di Savona) non giustificano da sole la conoscenza della religione e delle lingue (latino, greco, italiano, spagnolo, portoghese e forse anche un poco di ebraico) oltre ovviamente alla geometria, all’astronomia (che all’epoca è tutt’uno con l’astrologia), disegno e calcolo trigonometrico.

“Ha studiato a Pavia” (ha fatto l’università) scrive il figlio Don Ferdinando. Ma all’università di Pavia non risulta iscritto. Forse per errore ha scambiato Pavia per Piacenza, azzarda qualcuno. D’altra parte se Colombo riusciva a scambiare l’America col Giappone (Cipango) ci potrebbe anche stare.

Macché Pavia – interviene Taviani (il Censore della “scuola colombiana genovese”) – era una scoletta cristiana, probabilmente tenuta dai francescani della parrocchia, che si trovava in vicolo Pavia, naturalmente a Genova. Ormai dovremmo saperlo tutti che era autodidatta. Chi non lo sa – al solito – è il figlio Fernando al quale il padre raccontava balle.

Ufficiale e gentiluomo.

Ad ogni modo gli anni passano e Cristoforo sfruttando gli amici del cerchio magico del babbo riesce ad ottenere – dice Granzotto – “l’imbarco come uomo di passaggio su navi di più lungo corso” e quindi da passeggero comincia la carriera che lo porterà a diventare Ammiraglio.
A questo punto Cristoforo si è liberato del padre che con il suo “carattere ostinato, ambizioso e litigioso” continuava a litigare con gli altri parenti per questioni di denaro, a fare debiti – forse per pagare i notai – e per questo finì pure in prigione. “Il padre apparteneva al passato” e Cristoforo non solo “non risulta abbia mai mandato al padre soccorsi in denaro”, ma lo banna e lo cancella dai contatti, come diremmo oggi. Un generoso gentiluomo, come il padre.

Nel 1473 lo vogliono diretto a Chio su una nave dal nome “Roxana” (o Rossana) ispirato ad una donna rapita dai turchi che il solito Granzotto, che se ne intende, ci descrive come bellissima.

Ma come facciamo a sapere che Colombo è su questa nave? Perché c’è traccia del fatto che questa nave trasporti a Chio degli artigiani, quindi la deduzione – che dobbiamo al genio di Taviani – è che il lanaiolo Colombo non poteva mancare.

A Chio, ultima colonia genovese del Levante, dove i genovesi per difendere il commercio del mastice 4 hanno costruito alcune decine di forti, Colombo si trattiene almeno un anno. Gran parte degli storici (i puristi) ci dicono che “è nel viaggio che Colombo si fa le ossa” e apprende l’arte del navigare, gli altri (i dissidenti) invece lo fanno già ufficiale.

Però non è facile liberarsi dai notai, tant’è che “all’incirca all’età di ventisette anni” viene convocato a Genova come testimone per dirimere una questione commerciale che riguarda la famiglia dei Centurione e Paolo Di Negro. Interrogato su quale delle due parti in causa egli desiderasse vincente, Colombo risponde: “Quella che ha ragione”. Cosi almeno asserisce il documento Assereto 5.

Il primo “Pirata dei Caraibi”

Che a metà del 400 il Mediterraneo sia popolato di “pirati” di nome Colombo è un fatto accertato. Washington Irving che tra misteri e cavalieri senza testa trova il tempo di occuparsi anche di Colombo, ci spiega bene di come i Genovesi siano un po’ costretti ad andare “sul propizio elemento a cercar tesori di contrada in contrada”. Insomma sarebbero migranti economici dell’epoca ma poco raccomandabili. Però temendo di essere poco diplomatico 6 scarica la responsabilità del giudizio negativo sul Foglietta 7 che “nella sua storia di Genova ci pinge la gioventù di quella Repubblica come estremamente avida di girne errando in cerca di fortuna.

Di pirati ce ne sono due in particolare, con i quali Cristoforo avrebbe navigato, e che a detta di Ferdinando erano congiunti di suo padre: zio e nipote, rispettivamente detti Colombo il Vecchio e Colombo il Giovane (o il mozzo). Con il primo si sarebbe imbarcato Cristoforo, appena ventiquattrenne, quando Colombo il Vecchio si mise al servizio di Giovanni d’Angiò per la spedizione contro Napoli aragonese (1459-60).

Tra il 1473 e il 1474 un Colombo è segnalato a Cipro dove sembra, scrive lo Spotorno, “ch’ei fosse già celebre per segnalate prove di suo valore anche nei mari di Levante” 8. Ne ritroviamo un altro nella guerra tra Spagna e Portogallo nell’anno 1476: “Capitan Colombo” con le navi del Re di Francia Luigi XI “andò in Biscaja per levare il Re di Portogallo e trasportarlo in Francia. Egli dunque serviva la corona Francese.” 9

Allora è opinione diffusa, condivisa pure dall’enciclopedico Taviani, che ci sarebbe un Culon corsaro greco che non va assolutamente confuso con il Coulon corsaro francese. Ma a scombinare l’ordine ricostruito, nello stesso periodo salta fuori pure un certo Vincenzo Colombo pirata genovese (che sarebbe finito impiccato, o forse no). Che si tratti di personaggi connessi in qualche modo al nostro Cristoforo è però una possibilità che viene esclusa a priori dalla maggior parte dei biografi perché – per qualche arcano motivo che a noi sfugge – nessun notaio ha mai registrato un Colombo lanaiolo a bordo di una nave corsara.

Una battaglia anacronistica

“Galea grossa da mercado” veneziana utilizzata per i commerci di merci preziose e trasporto passeggeri. Venivano considerate sicure per il numeroso equipaggio e i soldati imbarcati che arrivavano a circa 250 uomini. Questo era il tipo di nave che avrebbe partecipato alla battaglia di Cabo San Vincente. (Conrad Grünenberg 1486/7). Grünenberg era residente a Costanza, in Germania, e nel 1486 intraprese un viaggio di pellegrinaggio in Terra Santa e tenne un diario accompagnato da meravigliosi disegni.

Il lettore di storia già disorientato da questo svolazzare di “colombi” da una parte all’altra del Mediterraneo, rischia poi il mal di capo con la battaglia di Capo San Vincenzo (Cabo de São Vicente). Questa battaglia navale che è descritta molto bene dagli storici veneziani, però sarebbe avvenuta nel 1485, un anno dopo che Colombo aveva lasciato il Portogallo. Questo è un episodio cruciale nella storia di Cristoforo Colombo, che lo vede naufrago al termine della cruenta battaglia. Ma per essere coerente con il racconto di Don Fernando, figlio dell’Ammiraglio, il naufragio sarebbe dovuto avvenire anni prima.

Di una cosa sola secondo alcuni si è certi: che a una battaglia partecipasse una nave di nome “Rossana” (o Roxana) sulla quale poteva essere imbarcato Colombo.

Evitiamo di farci venire il dubbio che possa trattarsi della stessa nave (il cui nome è sempre ispirato alla bellissima donna vittima di un sequestro, etc.) che si trasforma in galea da guerra, dopo aver sbarcato gli artigiani a Chio. Non è così: le navi erano comandate da Genovesi, ma Colombo era un passeggero e dato che “non aveva alcun motivo di andarci” non erano dirette alle Fiandre. Il convoglio fu attaccato dal pirata Guillaume de Cazenove (o Cazeneuve) detto Coulon con 13 anzi 15 navi, ci sono pure i testimoni.

Insomma, ormai a causa degli innumerevoli storici intervenuti con le loro spiegazioni e citazioni, non si capisce più dove sia avvenuto questo scontro, a bordo di quale nave si trovasse Colombo e di chi fossero le navi coinvolte.

Ma il fatto è narrato dallo stesso Fernando Colombo che scrisse che le navi erano quattro, veneziane e che ritornavano dalle Fiandre, e Colombo si trovava a bordo di una delle navi corsare. E dato che l’episodio non si può ignorare, gli anacronismi e le incongruenze vengono risolte addebitando a lui la confusione. Come scrive lo Zurita “Sicuramente Fernando ricordava male ciò che, da bambino, aveva udito raccontare da suo padre.” 10.

Interessante a tal proposito, il commento di Julio Faroldo autore degli “Annali Veneti” (1577) che riferisce che secondo lo storico Marc’Antonio Sabellico, contemporaneo di Cristoforo Colombo, il corsaro era un suo parente, “ma noi riteniamo che fosse proprio il Cristoforo Colombo, genovese: il quale poi, nel 1492, navigando per ponente con naviglio del Re di Spagna, pervenne a isole e terre incognite” .

Comunque è un peccato che queste belle storie dell’ex-corsaro Cristoforo Colombo, vengano rifiutate dai biografi, perché avendoli scoperti lui, avrebbe potuto essere ricordato anche come il primo dei “Pirati dei Caraibi”.

Non solo marinaio ma nuotatore eccezionale

Cristoforo Colombo quindi unico superstite della nave – veneziana o genovese oppure corsara francese – in fiamme, aggrappato a un remo nuota per due leghe (più di 11 Km.) e viene spiaggiato in Portogallo. Nemmeno il tempo di asciugarsi che ti incontra il fratello Bartolomeo, sedicenne 11, che da diverso tempo era già lì in Portogallo dove esercitava la professione, molto comune tra i lanaioli genovesi adolescenti, di cartografo per il Re.

Anche per questo avvenimento si creano due partiti e la maggioranza è scettica sulla possibilità che proprio Colombo, non un naufrago qualsiasi, possa aver nuotato per questa distanza, sia pure con l’ausilio di un relitto. La cosa non dovrebbe stupire perché i marinai genovesi erano abili nuotatori e per questo furono chiamati a partecipare al primo tentativo di recupero delle Navi di Nemi 12. Quello che lascia perplessi è l’assoluta mancanza di scetticismo nei confronti dei testimoni che – come si racconta – avrebbero assistito dalla spiaggia, alla battaglia distante 11-12 km. dalla costa.

Dice che era un bell’uomo e veniva dal mare.

Forse non è più vestito da naufrago, ma comunque da povero, quando incontra in chiesa la cugina del Re che lo vede dopo essere rimasta vedova, e rimane folgorata. La frequentazione diventa assidua e Colombo decide di sposarla “per alleggerire le finanze del giovane fratello che lo ha mantenuto fino a quel momento”.
“Cristoforo, allora sui ventisett’anni, piaceva” continua Granzotto “uomo di bella statura” e aveva gli “gli occhi vivaci, di colore azzurro”. Mentre Felipa Moniz Perestrello “possiamo supporre che bellissima non fosse”, sappiamo già che Granzotto di donne se ne intende. Secondo altri potrebbe essere stato un bel quarantenne ma qualunque sia stata l’età, sono in molti a pensare che dal matrimonio “Colombo seppe trarne indubbi vantaggi”.

Non certo economici dato che l’isola di Porto Santo, di cui il defunto padre di Felipa era stato governatore, “era minuscola e senz’acqua” ma perché il matrimonio – insinuano alcuni biografi – avrebbe consentito a Colombo di mettere le mani sulle carte nautiche del suocero Bartolomeo Perestrello 13.

Comunque l’unione fu breve perché dopo poco più di cinque anni o Cristoforo si separò da Felipa o questa morì, lasciando nel 1485 il figlio Diego avuto con Colombo orfano alla tenera età di cinque o sei anni. Quest’ultima è l’ipotesi preferita dagli storici dal ‘600 al secolo scorso. Dato che Diego Colombo Moniz è nato il 1° aprile non sappiamo se del 1479 o del 1480 (quest’ultimo è l’anno ufficiale del matrimonio), nasce il sospetto che Cristoforo e Felipa non si incontrassero solo in chiesa. Per questo motivo la data di nascita di Diego in qualche testo è stata spostata al 1482.

Le donne di Colombo. 1) Viene fatto passare come il ritratto di Felipa Munoz Perestrello ma si tratta di un “Ritratto di una donna spagnola” di George Henry Hall (1825 – 1913) pittore che amava ritrarre donne con fiori. 2) Beatriz Enriquez de Arana in una illustrazione di fantasia del 1878 firmata James Seix; erroneamente spesso è riferita a Felipa, fu forse vista dal Granzotto che su questo equivoco basò la descrizione di donna piuttosto ‘bruttina’. 3) Un antico ritratto di Dona Beatriz de Bobadilla ma gli abiti sembrano della seconda metà del 500. 4) Altra immagine riferita a Felipa Munoz Perestrello o alla sorella Violante (Briolanja) Moniz Perestrello. In realta si tratterebbe di un ritratto della Contessa María de la Encarnación Álvarez de las Asturias Bohórquez y Guiráldez, “Camareras mayores” della regina Isabella II (anni 1833-1868); 5) La Regina Isabella I di Castiglia Trastámara detta Isabella la Cattolica in un ritratto anonimo ma attribuito a Antonio Inglés del 1490 circa.

Le donne di Colombo.

Cambiano i tempi e cambia la percezione di ciò che è moralmente opportuno o politicamente corretto: così siamo passati da un casto – o quasi – Colombo raffigurato con figli sempre giovinetti ma senza mogli nelle illustrazioni del ‘700 e dell’800 al Colombo donnaiolo dei nostri giorni. Da almeno un ventennio ci viene proposto nei panni di un seduttore arrapato cronico, o di un gigolò di professione che ci prova con tutte le nobildonne possibilmente benestanti, ottenendo pure un discreto successo.

Ha una relazione con la cognata Violante (Briolanja) Muniz Perestrello 14 sorella di Felipa, con la quale fugge in Spagna ma presto si stanca e per liberarsene la marita all’amico Francesco de’ Bardi 15.

Giunto in Spagna ingravida Beatriz Enriquez de Arana 16 cugina e figlia adottiva di Diogo de Arana un socio in affari e “frequentatore della farmacia che Colombo avrebbe aperto col Bardi a Cordoba“. Con Beatriz ha un figlio, Fernando Colombo (alias Hernando Colon), ma non la sposerà mai, forse perché Felipa non è morta, oppure la sposa e non rende pubbliche le nozze.

Può darsi che l’altra amante, Dona Beatriz de Bobadilla 17, sia gelosa e minacci Colombo di non finanziare più i suoi folli viaggi.

Seduce non solo la governante di casa ma perfino la governante di Spagna la Cattolicissima Regina Isabella di Castiglia, che infatti temendo che Colombo diventi uccel di bosco, non si decide a dargli le caravelle per impedirgli di andarsela a spassare con le fanciulle indigene con la scusa di “buscar el levante“.
Strano che a nessuno sia venuto in mente di farci una telenovela, gli ingredienti ci sono tutti.

A questo punto c’è da chiedersi quando tempo passerà – in accordo alla moda dei nostri tempi – prima che qualche sedicente storico LGTB ci propini l’ipotesi di un Colombo transgender, che invero al momento manca nella lista degli scoop fin qui collezionati.

Ad ogni modo la riscoperta di un esercito di colombe” che circonda Cristoforo, non poteva non scatenare la fantasia – a volte morbosa – dei tanti storici, biografi e commentatori della vita del nostro navigatore che ad ogni costo hanno cercato di ipotizzare l’aspetto di mogli e amanti o più spesso di incollare un’immagine ad un nome. Così come avviene in questi casi ci ritroviamo con una serie di “ritratti” che ormai sono entrati nella tradizione come autentici.

In qualche caso sono ritratti intercambiabili, come avviene per quello ottocentesco appioppato alla moglie Felipa, alla cognata Violante o alla convivente Beatriz, che per quanto ne sappiamo potrebbe anche raffigurare una donna bruttina rapita dai Turchi (fig.2 dell’immagine precedente).

Viaggi approvati e viaggi “millantati”.

Quello portoghese è un periodo in cui la storia di Cristoforo è poco documentata, almeno ufficialmente (nel senso che scarseggiano gli atti notarili), però sappiamo che avrebbe compiuto diversi viaggi da lui stesso narrati.

Colombo ebbe occasione di fare alcuni viaggi a Madera, alle Azzorre e nella costa atlantica dell’Africa, navigò in pieno Atlantico fino al Golfo di Guinea, visitò la foce del del Rio de Oro e dimorò nella stazione di scambio commerciale del Castelo de São Jorge da Mina (Castello di San Giorgio della Miniera) in Costa d’Oro (oggi Elmina, in Ghana).

L’atteggiamento quasi unanime degli storici sui viaggi che Colombo avrebbe compiuto in Islanda, in Groenlandia e oltre, da lui descritti, è quello di un rifiuto totale. Forse se tali viaggi fossero ufficialmente approvati avrebbero sconvolto l’ordine faticosamente raggiunto nella cronologia e nella linearità del progresso delle scoperte geografiche.

Sembra assurdo ma ancora oggi si discute sulla possibilità che siano esistiti insediamenti vichinghi (poi scandinavi) in Groenlandia e Nord America, quando i siti sono ancora relativamente in buono stato e visitabili (per esempio BratthalidHvalsey in Groenlandia o L’Anse aux Meadows nell’isola di Terranova).

Altri viaggi di Colombo, di minor impatto, vengono invece ritenuti dalla storiografia ufficiale possibili, probabili o anche accettati ma sempre rimarcando delle distinzioni e delle eccezioni. Persino i viaggi nel Nuovo Mondo sono vittime di quello che sembra un accanimento, che mettendo tutto in discussione e trovando improbabili spiegazioni e storie alternative, poi finisce per confondere e soprattutto infastidire perfino il più volenteroso dei creduloni.

Un esempio di critiche gratuite lo troviamo nel viaggio riferito da Cristoforo Colombo stesso in cui egli, usando un espediente e cioè l’inversione del magnetismo dell’ago della bussola, avrebbe ingannato l’equipaggio sulla rotta seguita. L’episodio avvenne nel 1471 quando Renato d’Angiò decise di affidargli l’incarico, forse fornendo anche una patente di corsa, di catturare una galea da guerra aragonese che incrociava nel canale di Sardegna, diretta verso le coste barbaresche del Maghreb, probabilmente in missione diplomatica.

Quando l’equipaggio della nave corsara seppe che la galea aragonese si trovava a Tunisi scortata da altre tre imbarcazioni, chiese  a Colombo di abbandonare la caccia, temendo il peggio per l’inferiorità numerica. Colombo finse di acconsentire ma usando il suddetto espediente 18 navigò verso Sud e portò la nave nelle acque antistanti Tunisi. Non sappiamo se la spedizione ebbe successo perché il racconto di Colombo si interrompe qui.

Sulle rotte dei Vichinghi.

Se l’episodio appena narrato viene ritenuto da alcuni (che comunque sorvolano sulla attività corsara) una probabile spavalderia, il racconto che gran parte dei biografi proprio non riescono a digerire è quello relativo al viaggio in Groenlandia:  

“Nel mese di febbraio 1477 ho navigato per cento leghe oltre Tile fino ad un’isola la cui parte meridionale dista 73 gradi dall’Equatore e non 63 come alcuni dicono; essa non si trova nell’Occidente di Tolomeo, bensì molto più ad ovest. Su quest’isola, grande come l’Inghilterra, gli inglesi – specialmente quelli di Bristol – approdano con le loro merci. Mentre mi trovavo lì il mare non era ghiacciato, ma c’erano maree molto grandi, che in alcuni punti si alzavano ed abbassavano di 26 braccia”.

Effetti dell’alta e della bassa marea, nella baia di Foundy. Diverse località del Canada sono soggette ad incredibili movimenti di maree tra i dieci e i venti metri.

“Ma non è vero, non si sono mai viste delle maree così grandi! E poi lassù (73° Lat.N.) in febbraio il mare senza ghiacci non s’è mai visto!” sembra quasi di sentire il coro di molti biografi antichi e moderni. E probabilmente è così: intrappolati come topi nelle biblioteche e negli archivi, loro, le cose descritte da Colombo non le hanno mai viste. Magari ignorano che ancora oggi si possono osservare – pur essendo cambiate le condizioni climatiche – maree di 17 metri come nella Baia di Fundy 19 o nella Baia di Ungava. Così come ignorano le conseguenze della Piccola Era Glaciale 20 e delle particolari condizioni conseguenti alle oscillazioni climatiche di questo periodo che videro anni in cui i mari artici furono liberi dai ghiacci perfino in inverno (come nel 1477) mentre in altri anni l’intero settentrione europeo fu stretto nella morsa dei ghiacci (ad esempio nel 1409).

Che dal Portogallo partissero regolarmente navi verso l’Inghilterra e da questa, oltre che naturalmente dalla Scandinavia, ci fossero viaggi regolari verso l’Islanda e la Groenlandia, o che da queste nazioni partissero diverse spedizioni alla ricerca di mitiche terre come Brasil 21 (o Hy-Brasil),  sono fatti di cui l’ostinato negazionismo di alcuni storici accreditati – quando si parla di Colombo ci si dimentica dei Caboto – non vuole assolutamente tener conto. E senza considerare poi che la presenza di Cristoforo Colombo è segnalata a Bristol nel 1476 e a Gallway nel 1477.

Nel 1476 partì un’importante spedizione portoghese composta da molte navi che quasi certamente ha circumnavigato l’Isola di Baffin e seguendo le rotte dei Vichinghi è giunta almeno in Groenlandia. Non sembra impossibile che Colombo possa aver addirittura partecipato a questa spedizione.

Gli Inglesi, rivali ed avversari dei Danesi, probabilmente consideravano le isole a ovest dell’Islanda, come la Groenlandia, quali possibili basi per ulteriori spedizioni a Ovest, cioè verso quei territori più ricchi di caccia e di pesca. Diversi trattati erano stati stipulati tra i due regni ma venivano ignorati soprattutto dai mercanti e dai pirati di Bristol. Nel 1467 era pure scoppiata una guerra cui aveva partecipato il Portogallo come alleato della corona scandinava che considerava sua prerogativa il commercio con quei territori.

Complotti templari 

Cristoforo tra la fine del 1484 e l’inizio del 1485, partì con il figlio per Palos che si trova nei pressi di Huelva in Spagna, dove viveva la famiglia del cognato 22. Le esoteriche rivelazioni riportate da revisionisti come Ruggero Marino 23 che vorrebbero Cristoforo Colombo come appartenente ad una setta di Templari (l’ordine fu sciolto nel 1312) starebbero alla base della “precipitosa fuga” dal Portogallo. Questo è uno dei casi in cui la revisione storica risulta più brutta della storia ufficiale: si parla di un gruppo di dissidenti, di una scalata al potere all’interno della setta che porta ad un attentato fallito al Gran Maestro, nonché sovrano del Portogallo, e di Cristoforo Colombo che scappa dopo aver rubato “le antiche conoscenze dei Templari” che lo porteranno poi con il coinvolgimento del Papa al “Descubrimiento de América”. Una sorta di romanzo stile Dan Brown ma non è storia. Marino, le cui ricerche erano state viste all’inizio con benevolenza da diversi accademici, ottiene da questi alcune tirate d’orecchi tra cui una particolarmente meritata dal prof. Franco Cardini.

Molto più realisticamente la fuga di Cristoforo Colombo in Spagna, trova spiegazione in un possibile coinvolgimento di Colombo nel complotto complotto contro il rdom João II attraverso la famiglia della moglie. I Perestrello infatti avevano antichi e forti legami con i duchi di Bragança. Il complotto vide appunto nei Bragança i principali colpevoli, che furono vittime nelle repressioni dopo il fallimento della congiura. La fuga di Colombo con la famiglia si colloca infatti nella stessa epoca in cui trovarono rifugio a Siviglia anche diversi esponenti della famiglia Bragança scampati alle esecuzioni.

Considerando questa situazione politica fa sorridere la considerazione di qualche storico che critica Colombo per essersi levato di torno alla chetichella senza avvisare o informare il re della sua partenza.

Due frati per due conventi.

L’immagine di Cristoforo questuante in Spagna – l’abbiamo vista tutti sui libri delle elementari: sul mio, Diego ragazzino addirittura era vestito di stracci – è un adattamento del mito ottocentesco dell’orfanello.

A destra: il Monastero di Santa María de la Rábida a Palos de la Frontera, all’interno è presente un ‘immagine della Madonna davanti alla quale, secondo la tradizione, avrebbe pregato Cristoforo Colombo. A sinistra il Chiostro dell’antico convento di Nuestra Señora de la Esperanza,​ più conosciuto come “Convento de San Francisco” a Moguer. Da qui partirono i primi missionari per la conversione degli indigeni del Nuovo Mondo.

Povero in canna sarebbe stato accolto da frat’Antonio de Marchena oppure da fra’ Juan Pérez nel monastero di Santa María de la Rábida, dove per dare da mangiare al figlioletto è costretto all’umile lavoro di cartografo che ha imparato dal fratello adolescente. Il convento avrebbe potuto essere anche quello di San Francisco de Moguer, perché entrambi sono vicini a Palos de la Frontera o Palos de Moguer, così avremmo un frate per convento che parrebbe una soluzione equa. Però c’è il solito guastafeste che parla di un frate inventato e che i due frati in realtà sono uno solo. Qualcuno li mette in ordine cronologico e qualcun altro distribuisce le competenze, così che uno diventa il frate accogliente e l’altro il postulante presso la corona. Comunque sia, dato che il secondo convento a questo punto non serve più, sparisce.

“Colon en la Rabida” dipinto del pittore messicano Leandro Izaguirre, 1891. L’immagine dei due Colombo poveri e affamati che bussano al convento dei francescani che hanno pietà di loro è un immagine tanto forte da aver attraversato l’oceano da almeno un paio di secoli. Per quanto possa essere perfettamente inserita già nella mitologia cattolico-colombiana ottocentesca è completamente falsa: Cristoforo era molto ricco.

Qualche tempo dopo, il povero Colombo immaginando i suoi biografi in preda all’imbarazzo – perché anche se uno è sparito dalla storia entrambi i conventi sono presenti nella geografia – non sapendo se partire per la sua impresa dalla Frontera o da Moguer, per non offendere nessuno deciderà di partire da Palos… e basta.

Nel prossimo conclusivo capitolo: tra arditi revisionismi storici, intrighi internazionali, giochi di carte (geografiche) e mistificazioni infamanti, finalmente vedremo Cristoforo Colombo partire alla scoperta del Nuovo Mondo a bordo delle due caravelle (una precisazione di cui parleremo prossimamente).

Qui l’inizio della storia: Cristoforo Colombo e la scoperta delle balle – Parte I


Note:

1 Rinaldo Caddeo (San Gavino Monreale 1881 – Albosaggia di Sondrio, 1956). Studioso del Risorgimento, di Colombo e di navigazione oceanica.

2 Angelo Sanguineti (Celle Ligure, il 02/07/1808 – Genova, 18/02/1892). Accademico, abate, storico, professore nel Seminario arcivescovile di Genova.

3 Cesare De Lollis (Casalincontrada, 1863 – Casalincontrada, 1928) filologo e storico della letteratura italiano. Il suo contributo maggiore alla filologia testuale fu una monumentale edizione degli “Scritti di Cristoforo Colombo”.

4 La toleta de marteloio è una semplice tabella trigonometrica usata nel calcolo della navigazione regola del martelogio (dal veneziano raxon de marteloio). Si tracciava la rotta tra due diversi percorsi di navigazione mediante la risoluzione numerica di triangoli con l’aiuto della tabella, o graficamente partendo dal rilevamento della bussola e dalla distanza percorsa. Molti storici, antichi e moderni, non conoscono o non comprendono questo sistema di navigazione usato nel Medioevo. Dalle loro osservazioni si capisce che spesso non hanno la più pallida idea dell’argomento quando affrontano temi riguardanti la navigazione.

5 Il documento rinvenuto dal Colonnello Ugo Assereto nel 1904 ha preso il nome dello scopritore. Viene citato spesso per attestare che nel 1479 a Genova esiste almeno un genovese “all’incirca ventisettenne” di nome Cristoforo Colombo. L’espressione matematica che sottrae 27 anni al 1479 da per risultato 1452, cioè “all’incirca” 1451 ne confermerebbe in quell’anno la nascita. Sarebbe una equazione la cui l’incognita resta comunque l’identità del personaggio.
La risposta di Colombo riportata dal notaio è stata commentata in molti modi come onesta, sagace, ironica ma l’indifferenza mostrata nei confronti del Di Negro, considerato uno sponsor di Cristoforo, e che oltretutto in questo caso sarebbe pure il suo commissionario, potrebbe dare l’idea di uno che della vicenda non ne sa nulla.

6 Washington Irving (New York, 1783 – New York, 1859) scrittore statunitense e ambasciatore in Spagna (1842) oggi famoso per i suoi cavalieri senza testa negli adattamenti cinematografici dei suoi romanzi (Sleepy Hollow).

7 Oberto Foglietta (Genova, 1518 – Roma, 1581) storico italiano, genovese morto in esilio a causa delle sue critiche all’operato dei “vecchi nobili genovesi”.

8 Giovan Battista Spotorno (Albisola Superiore, 1788 – Genova, 1844) sacerdote, è stato uno storico e letterato italiano. Citando le fonti egli narra che “il Capitano dello stuolo Veneto posto alla guardia di Cipro… et haveva ancora trovato Colombo con nave e galee, et haveva avuto a caro a lassarlo andare, e dicevano: Viva a S. Giorgio… si può credere assai ragionevolmente che l’ incontro del Colombo avvenisse nel 1473 o al più , nel cadere del 1474”.

9 Giancarlo von Nacher Malvaioli, “Cristoforo Colombo”, Monterrey 1990.

10 Jerónimo Zurita y Castro (Saragozza, 1512 – Saragozza, 1580). Storico spagnolo.

11 Questa è l’età che avrebbe avuto Bartolomeo Colombo nel 1476 secondo le incongruenti ricostruzioni del Taviani e di altri storici della scuola canonica genovese. Uno dei motivi per i quali l’episodio viene riferito alla battaglia avvenuta un decennio dopo creando però ulteriori incongruenze.

12 Flavio Biondo storico del rinascimento, rammenta l’impresa compiuta nella metà del ‘400 del tentativo di recupero delle navi attribuite all’imperatore Caligola, che giacevano sul fondo del Lago di Nemi. Il recupero fu voluto dall’umanista cardinale Prospero Colonna (Roma, 1410 – Roma, 1463), ricordato anche come archeologo. Per l’impresa furono chiamati marinai genovesi, ovunque noti per la loro abilità nel nuoto, che operarono come sub immergendosi nelle acque del lago di Nemi.  Nel corso dell’impresa furono recuperati solo una porzione della prua di una nave e diversi manufatti che però furono sufficienti a suggerire a Leon Battista Alberti (nel De Re Aedificatoria) delle prescrizioni per la costruzione navale. 

13 Bartolomeo Perestrello (1395 circa – 1457) è stato un navigatore ed esploratore portoghese di origini Piacentine. Non è certo se  abbia partecipato alla riscoperta di Madera, insieme con Tristão Vaz Teixeira e João Gonçalves. Di sicuro, insieme con i due navigatori, curò il popolamento delle isole, che erano completamente disabitate, cosa che gli valse la capitania di Porto Santos.

14 Violante (Briolanja) Muniz Perestrello (1450 circa – ?) non era l’unica sorella di Felipa, dai precedenti matrimoni del padre erano nati Bartolomeo II, primogenito e Iseu Perestrello questa soprattutto è una figura importante per via del matrimonio con Pedro Correira che fu per un certo tempo governatore di Porto Santos al posto del cognato ancora minorenne. Questo personaggio è stato trascurato dalla storia colombiana. Infatti il Correira fu un valente ed esperto navigatore atlantico al servizio del Re del Portogallo e importanti indizi rendono probabile che sia stato lui, più che le supposte carte del suocero Perestrello, a fornire informazioni su correnti, venti e indizi sulla presenza di terre a occidente. 

15 Francesco de’ Bardi ricco uomo d’affari appartenente alla famosa famiglia fiorentina di banchieri e mercanti, imparentata con i Medici di Firenze. Il Bardi faceva parte del gruppo di fiorentini in affari con Colombo che furono tra i finanziatori dei suoi viaggi. Si imparentò con il Navigatore sposando la cognata Violante rimasta vedova di Miguel Moliart, ed ebbe con lui un rapporto fiduciario e di amicizia tale che Colombo gli conferì la procura per la riscossione delle rendite maturate nelle Indie (1505).

16 Beatriz Enriquez de Arana (1467-1536). Su di lei in realtà si sa poco, oltre al fatto che diede alla luce Fernando il 15 agosto 1488. Infatti ci sono molte illazioni sulla durata della relazione col navigatore e sui motivi per cui questi – pur riconoscendo il figlio – non la sposò, che andrebbero ricercati nel rango sociale inferiore a quello di Colombo (ma non era di umili origini?). Illazioni probabilmente ingiustificate: sembrerebbe che la regina elogiò il modo in cui Beatriz avrebbe curato i figli di Colombo che erano stati affidati a lei durante la prima spedizione nel Nuovo Mondo.

17 Dona Beatriz de Bobadilla y Ulloa (Medina del Campo, 1462 – Medina del Campo, 1504), fu sposata con Hernán Peraza il Giovane, signore dell’isola di La Gomera per ordine della Regina Isabella forse con l’intento di allontanarla da corte confinandola alle Canarie. Da alcuni suoi conterranei viene considerata una ninfomane e sanguinaria. Questo sia per degli amanti (tra cui Re Ferdinando II d’Aragona e il nostro Colombo) che per i massacri che le sono stati attribuiti. Come repressione della Rivolta dei Gomeros (1488) in cui lo stesso marito fu assassinato, diede ordine di vendere come schiavi molti degli isolani rivoltosi catturati, nonostante fossero cristiani, e ne fece giustiziare un gran numero per vendicare la morte del marito. Bobadilla assunse il governo di La Gomera nel nome di suo figlio Guillén. Fornì supporto a Cristoforo Colombo, che si fermò a La Gomera anche nei sui viaggi in America del 1492, 1493 e 1498.

18 Gli aghi delle bussole dell’epoca necessitavano di una frequente ri-magnetizzazione degli aghi per sfregamento, quindi è plausibile che Colombo abbia potuto approfittare della manutenzione per realizzare l’inganno. Probabilmente, l’espediente da solo non sarebbe stato sufficiente a ingannare a lungo l’equipaggio: ammettendo un cielo coperto e assenza di luna, i marinai navigando verso Sud-Est avrebbero infine visto sorgere il sole a sinistra e di prua anziché a dritta o a poppavia. È possibile che con il vento al traverso o contrario la nave abbia navigato con il metodo del martelogio (con una rotta a zig zag) confondendo i marinai.

19 Situate sulla costa atlantica del Nord America, a nord-est del golfo del Maine tra le province canadesi del New Brunswick e Nuova Scozia. Sono conosciute in tutto il mondo per la pazzesca variazione del livello del mare in poche ore. Nel XIX secolo in particolari condizioni meteorologiche sono state registrate maree di oltre 21 metri.
L’unità di misura di cui parla Colombo non è certo il fathom inglese pari a 6 piedi (1,83 m ca.) entrato in uso delle marinerie molto più tardi, ma di un braccio che all’epoca ha un differente valore per ogni territorio europeo. In Spagna all’epoca era in uso il covid pari a 0,4886 metri. Per cui le maree osservate da Colombo sarebbero state quindi di 12-13 metri, coerenti con quanto oggi è possibile osservare in quei mari. 

20 La Piccola Era Glaciale è un periodo di tempo che va dai primi del 1300 al 1850 circa, caratterizzato da oscillazioni climatiche con un abbassamento delle temperature medie e da inverni molto rigidi in tutto l’emisfero boreale. Alcuni team di ricerca sostengono che la fase iniziale del periodo freddo sia da attribuirsi ad una insolita, intensa attività vulcanica tropicale iniziata tra il 1275 ed il 1300 e ripetutasi nel 1500. Altri ricercatori a delle diminuzioni dell’attività solare o ad entrambe le cause. Le conseguenze di questi cambiamenti climatici furono che si ebbe un accrescimento notevole dei ghiacciai alpini (con un culmine nel XIX secolo) e che i ghiacci polari nella loro espansione strinsero in una morsa la Groenlandia arrivarono a lambire addirittura il Nord della Scozia.

21 Brasil (Hy-Brasil, Braxil o Bracile) è una delle isole e delle terre mitiche, il cui ricordo spesso associato al mito di Atlantide, identificata con le “Insulae purpuraricae” di Plinio il Vecchio. Malgrado il nome, non ha nulla a che vedere col Brasile. L’isola fu avvistata da una spedizione inglese partita da Bristol nel 1480, scoperta confermata da Giovanni Caboto nel suo secondo viaggio del 1497. Brasil e le altre isole (Isole Fortunate, Isole di San Brandano, Antilla, Frisland, Isola dei Demoni e molte ancora) si sarebbero trovate ad ovest dell’Irlanda. Nell’antichità si credeva che l’Atlantico fosse pieno di isole. Tale convinzione avvalorata dalla riscoperta degli arcipelaghi atlantici, sopravvisse al Medioevo e alle scoperte geografiche, al punto che Brasil rimase sulle carte nautiche fino al 1853.

22 Recentemente (2017) è stata localizzata, in San Juan del Puerto, la fattoria dove si stabilì Cristoforo Colombo con suo figlio Diego, quando arrivò nella provincia di Huelva e dove lo scopritore iniziò ad organizzare il suo primo viaggio di scoperta. Si tratterebbe di un nuovo “lugar colombino” finora sconosciuto agli storici. Le terre tenute da Briolanja Muñiz Perestello – la cognata di Cristoforo Colombo erano situati in prossimità della riva del fiume Tinto (David Gonzalez Cruz, Universidad de Huelva, 2017).

23 Ruggero Marino, giornalista e scrittore, ha avuto inizialmente delle brillanti intuizioni sulla storia colombiana ma si è fatto prendere la mano proponendo un Colombo templare, ebreo, crociato e figlio illegittimo del papa Cybo (Innocenzo VIII) e – secondo alcuni sostenitori ed emulatori di questa tesi – di Anna Colonna, una nobildonna romana, che avrebbe fatto da nave scuola per il giovane futuro Innocenzo VIII, detto il Papa navigatore.

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