Come è difficile ricercare l’etereo

bartleboom

Come il Professor Bartleboom di Baricco passò gli ultimi anni della sua vita a cercare dove finisce il mare, e Battiato l’alba dentro l’imbrunire, morendo senza mai trovarla, io passo quanto tempo posso a cercare dove sono le note.

Era più facile per il Professor Bartleboom, che il mare delinea una meta finale, seppur impossibile, con la schiumetta delle onde incapaci di marcare un punto di termine dell’acqua in continuo movimento. Mentre per me il compito è quello di dare materia riconoscibile a ciò che materia non ha.

Lo so che le note sono composte da quell’invisibile energia che piega l’invisibile aria in invisibili onde che producono invisibili suoni. Ma io sono pur sempre un uomo e non ho dimestichezza con l’invisibilità. E la limitatezza della mia comprensione non può che riportarmi sempre ad una forma tra quelle percepibili dai miei sensi: una forma materiale.

Le note sono materializzate dai pallini neri disegnati sul pentagramma? Ma no, che quelle sono macchie inanimate, prive di qualsiasi energia sensoriale. E allora? Come posso trasferire il suono in qualche cosa che abbia qualche idea di riconoscibilità? Anche perché, mentre le onde del mare del Prof. Bartleboon hanno una durata visibile e ben percettibile, le note musicali hanno un senso solo se seguite da altre in flusso continuo. Ed ognuna dura meno di un niente per scomparire per sempre dal tuo mondo subito dopo la sua apparizione.

Le mie note musicali

Ricordo un viaggio in aereo da Cape Town a Londra, in un periodo tristissimo della mia vita. Era la notte di Natale e mi ero portato a bordo un alberello cinese. Di quelli con vasetto, batteria, decorazioni e lucine multicolori incorporati. Lo piazzai tra gli schienali dei due sedili davanti al mio nell’aeromobile vuoto e, dopo aver cantato qualche canzone di Natale con l’equipaggio, mi sintonizzai sulla filodiffiusione di bordo sul canale di musica classica. Mi lasciai andare sulle note del Violin konzert N1 di Bruch.

E lì volai, ancora più in altro dei novemila metri nei quali già mi trovavo. Avvolto in un fiume argenteo di note musicali che si sollevava e ridiscendeva profondamente sotto di me. Per rialzarsi, e rialzarmi. Turbinandomi amorevolmente nell’armonia di spirali multidirezionate, senza gravità e morbide come un soffio di panna montata sul meringato.

E lì, le note musicali avevano una forma ed una precisa posizione. Quella forma fatta di strisce argentee in moto continuo mosso dai tempi. Frequenze e modi della musica e quel luogo preciso, che era il mio corpo. Che era anch’esso striscia argentea e moto, ed ecco che una prima idea della forma delle note musicali si fece chiara nella mia mente: le note siamo noi, che vibriamo, ci libriamo e diventiamo un tutt’uno con la percezione della musica. Se la sappiamo ascoltare. Non mi basta però e, come Bartleboom e Battiato continuerò a cercare ascoltando la musica, sempre e dovunque.

 

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