Ci rimettono i bambini

Pagano loro il prezzo dell'illegalità

Ci rimettono i bambini. Finalmente viene sgombrato l’Hotel Astor a Firenze. Quando si vuole in Italia siamo in grado di far rispettare la legalità. Imporre il rispetto delle regole.

Quindi tutto bene quel che finisce bene? Tutte le remore di tipo politico, giuridico, morale ora decadono .

Peccato che per arrivare a ciò, sia prima necessario che sparisse una bambina di soli cinque anni!

Fino ad ora

Nessuno si accorgeva di niente? La mancanza di regole, la cosiddetta tolleranza, il permettere a coloro i quali si considerano dei disadattati  di fare tutto ciò che vogliono, porta tragiche conseguenze pratiche.

Tali  conseguenze pratiche. Le paga la gente onesta. Ci vuole tolleranza zero verso il non rispetto della legge . Fino ad ora chi doveva controllare che cosa ha fatto?

Che cosa ha esattamente controllato del comportamento di queste persone? Del fatto che avessero occupato una proprietà privata ? Del fatto di aver negato i diritti di possesso e di proprietà di gente che pagava regolarmente le tasse.

Nessuno degli amministratori di Firenze si preoccupava dei diritti dei residenti in quella zona ? Chi erano le persone che occupavano? Compivano azioni illegali? Creavano problemi per la sicurezza?

Ma figuriamoci se qualcuno si poneva questi problemi. Il reato di occupazione abusiva a Firenze non esiste, viene quasi visto come un esproprio proletario. Un bel gesto per dare una possibilità ai più deboli.

Bambini indifesi

Eppure le prime vittime dell’abusivismo, e del non rispetto delle regole sono stati proprio i bambini. Sono mancati i controlli, la necessaria severità per difendere questi piccoli.

Questo va a danno veramente dei più deboli .

Chi controllava le condizioni in cui vivevano questi bambini? Quando qualche deficiente in stile radical chic andava a pontificare di quanto fosse bello, il diritto presunto ad occupare, si preoccupavano delle condizioni nelle quali erano costretti a vivere i minori?

Davanti alla terribile disperazione di una madre, qualcuno si è posto una domanda elementare: è normale lasciare una bambina da sola in albergo con degli estranei? Libera di andare in giro? Chi ne era responsabile in quel momento? A chi era affidata?

Se lo avessi fatto io che cosa mi sarebbe accaduto? I servizi sociali non mi avrebbero da tempo tolto i bambini? Ma in queste zone di occupazione lo stato non esiste .

L’idea nella menti di quelli che si vogliono far passare per amministratori è che ci sia un debito morale verso questa gente che vive illegalmente, per cui c’è una sorta di larga immunità verso il rispetto delle leggi.

Poi siamo italiani

Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasportatori… peccatori, tolleranti ed inquisitori…

Già perché noi italiani siamo impossibilitati ad avere una via di mezzo. Vogliamo continuare a fare i moderati, quando di moderati non abbiamo mai avuto nulla. Neanche nei tempi della più ignava Democrazia Cristiana.

Forse  è per questo che scegliamo spesso degli amministratori inconcludenti, ed imbelli. Perché sappiamo che quando ci muoviamo siamo sempre prima estremisti in un senso poi in un altro.

Quando ci scappa il morto, in Italia si diventa sempre i più restrittivi e più severi di tutti. Ma prima ci vuole il cadavere. Prima deve succedere il fatto. Non si può prevenire la cancrena, bisogna amputare l’arto!

Quando succede la tragedia Ia severità, che noi andiamo ad applicare, serve a dare l’amnistia generale a tutti i comportamenti sbagliati di prima.

Chi c’era prima e non ha controllato, non ha fatto il suo dovere è immediatamente perdonato perché dopo diventa il primo Saint-Just, il Torquemada dei nostri tempi.

Nel frattempo a rimetterci è stata una bambina, che speriamo si possa ritrovare. Ma questo in Italia si piange la vittima e ci si arrabbiata ferocemente con il contorno, per non andare al sodo. Per fare sì che alla fine i veri colpevoli, ossia coloro i quali non hanno fatto rispettare la legalità, non siano mai chiamati a risponderne.

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