Chi ha paura della vera competizione? Le regole che blindano la politica regionale toscana (e non solo)

eugenio giani

Chi ha paura della vera competizione? Le regole che blindano la politica regionale toscana (e non solo)

Presentare una lista per le elezioni regionali in Toscana senza avere già un rappresentante nel Consiglio regionale uscente o senza l’appoggio di forze politiche presenti in Parlamento è, di fatto, un percorso ad ostacoli.

Ciò che dovrebbe rappresentare un diritto democratico – offrire una nuova proposta politica – si trasforma rapidamente in un’impresa ad alta complessità burocratica

E il sospetto che tale sistema favorisca chi è già parte dell’apparato istituzionale è più che fondato.

Le regole elettorali regionali: soglie e firme

La legge elettorale toscana (Legge Regionale n. 51/2014), in linea con le norme nazionali, impone l’obbligo di raccogliere un numero minimo di firme per poter presentare una lista, a meno che questa non sia espressione di un gruppo già rappresentato nel Consiglio regionale, in Parlamento o al Parlamento Europeo.

Nelle elezioni regionali toscane, il numero di sottoscrizioni richieste varia per ciascuna circoscrizione:

Circoscrizione di Firenze: da 1.750 a 2.500 firme

Altre circoscrizioni provinciali: da 1.000 a 1.500 firme

Massa‑Carrara: da 750 a 1.000 firme

Tutte le firme devono essere autenticate e raccolte entro un arco temporale ristretto – solitamente inferiore a un mese – e con modalità che richiedono la presenza di un pubblico ufficiale o soggetti autorizzati.

Questa procedura si applica soltanto ai soggetti “nuovi”. I partiti già rappresentati nelle istituzioni sono invece esonerati dalla raccolta firme, potendo depositare le liste direttamente

Una disparità che rappresenta un evidente vantaggio competitivo per chi è già parte del sistema.

Partecipazione e disaffezione

Il sistema appare disegnato per scoraggiare nuove esperienze civiche, movimenti indipendenti e iniziative politiche non radicate nell’apparato esistente. In un contesto segnato da crescente disaffezione verso la politica, questo meccanismo rappresenta un ulteriore ostacolo.

Raccogliere migliaia di firme in poche settimane, senza accesso ai media o a risorse istituzionali, significa dover mobilitare un esercito di volontari, trovare autenticatori, spiegare le procedure ai cittadini, spesso restii a concedere la propria firma per liste poco conosciute. E tutto questo prima ancora di iniziare la campagna elettorale.

L’ attuale legge sembra pensata per cristallizzare uno status quo che appare immutabile

Sebbene formalmente imparziale, la normativa elettorale toscana finisce per difendere lo status quo e consolidare gli equilibri esistenti. Le soglie alte, i tempi stretti e la scarsa trasparenza nella comunicazione delle date ufficiali rappresentano ostacoli che limitano concretamente l’accesso alla competizione elettorale.

Il risultato è evidente: la partecipazione è ridotta, la qualità dell’offerta politica si restringe e il consenso si concentra su opzioni consolidate, con una tendenza alla stagnazione politica

L’ affluenza è in costante calo e questo è un trend inarrestabile, non solo in Toscana va detto, ma almeno altrove di tanto in tanto c’è stata alternanza.

E probabilmente la mancanza di alternanza porta rassegnazione nell’ elettore disilluso determinandone o contribuendo a determinare un costante calo della partecipazione elettorale alle regionali. Infatti, analizzando l’affluenza dei decenni passati, questa è passata dal 95,9% nel 1970 al 62,6% del 2020, con un minimo storico del 48,3% registrato nel 2015.

Di seguito riportiamo anno Presidente eletto (coalizione) e affluenza:

1970 Lelio Lagorio (Centro-sinistra) 95,9%
1975 Lelio Lagorio (Centro-sinistra) 92,3%
1980 Mario Leone (Centro-sinistra) 89,2%
1985 Gianfranco Bartolini (Centro-sinistra) 84,8%
1990 Vannino Chiti (PDS e alleati) 84,3%
1995 Vannino Chiti (Centro-sinistra) 81,0%
2000 Claudio Martini (Centro-sinistra) 74,5%
2005 Claudio Martini (Centro-sinistra) 71,3%
2010 Enrico Rossi (Centro-sinistra) 60,7%
2015 Enrico Rossi (Centro-sinistra) 48,3%
2020 Eugenio Giani (Centro-sinistra) 62,6%

In tutte le tornate elettorali, senza eccezione, ha vinto una coalizione di centro-sinistra o sua diretta evoluzione. Una continuità di governo che non ha eguali in Europa occidentale a livello regionale

In cinquant’anni, la Toscana non ha mai conosciuto un cambiamento politico alla guida della Regione, se non nei nomi dei presidenti. Un’anomalia che pone interrogativi profondi sulla reale apertura del sistema democratico regionale.

Onestamente è innegabile che la Toscana possa considerarsi sino ad oggi un’anomalia democratica

In nessun’altra regione d’Europa si registra una così lunga continuità di governo senza interruzioni, in assenza di una vera alternanza

In democrazia, l’alternanza non è un valore fine a sé stesso, ma un segnale di salute del sistema: indica che il confronto è aperto, che le regole del gioco permettono l’emergere di nuove proposte, e che il consenso viene rinnovato, non solo confermato per inerzia.

In Toscana, invece, le regole sembrano scritte per limitare l’accesso di soggetti nuovi, proteggere le forze esistenti e mantenere il controllo del quadro politico.

In conclusione chi ha il potere tende a conservarlo. Ma una democrazia autentica non teme la concorrenza: la accoglie.

Mettere paletti rigidi alla formazione di nuove liste, richiedere firme in tempi proibitivi e rendere opaca la tempistica delle elezioni non è solo un problema tecnico

È un messaggio politico. Il messaggio che il sistema preferisce la stabilità alla partecipazione, la conservazione all’innovazione.

Questa chiusura alimenta il cinismo e l’apatia. Finché non si avranno regole più eque, trasparenti e inclusive, continueremo a chiederci perché i cittadini non vanno più a votare. Ma forse, la vera domanda è un’altra: chi ha davvero paura della competizione democratica?

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