CasaPound 2 – Facebook 0. Reclamo respinto, la pagina resta attiva

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CasaPound 2 – Facebook 0, reclamo respinto, la pagina resta attiva

La multinazionale della Silicon Valley aveva presentato ricorso contro la sentenza del tribunale di Roma che aveva sancito l’obbligo di riattivazione immediata della pagina ufficiale del movimento. Oggi è arrivata la seconda sentenza, ancora una volta favorevole alla tartaruga frecciata.

L’ordinanza

Nelle motivazioni dell’ordinanza sono state riportate da Il Primato Nazionale. Viene conferma la superiorità gerarchica dei principi costituzionali e del diritto italiano rispetto agli “standard della comunità” del gigante social e alla contrattualistica privata. Il provvedimento sottolinea “l’impossibilità di riconoscere ad un soggetto privato, quale Facebook Ireland, sulla base di disposizioni negoziali e quindi in virtù della disparità di forza contrattuale, poteri sostanzialmente incidenti sulla libertà di manifestazione del pensiero e di associazione, tali da eccedere i limiti che lo stesso legislatore si è dato nella norma penale. Il giudizio trova conforto nel fatto che, come rilevato nell’ordinanza reclamata, CasaPound è presente apertamente da molti anni nel panorama politico.

L’esclusione di CasaPound dalla piattaforma si deve dunque ritenere ingiustificata sotto tutti i profili richiamati da Facebook Ireland. Il periculum in mora si deve considerare sussistente sulla base delle considerazioni svolte nell’ordinanza reclamata, che meritano piena condivisione, sul preminente e rilevante ruolo assunto da Facebook nell’ambito dei social network, e quindi oggettivamente anche per la partecipazione al dibattito politico”.

Il dispositivo ha una grande valenza, sia politica che giurisprudenziale

Sottolinea che una multinazionale privata non può arrogarsi “la funzione di attribuire in via generale ad una associazione una “patente” di liceità, posto che condizione e limite dell’attività di qualsiasi associazione è il rispetto della legge, la cui verifica è rimessa al controllo giurisdizionale diffuso”.

I giudici richiamano gli articoli 18 e 21 della Costituzione, sulla libertà di associazione e libertà di pensiero. “Si deve concludere che la disciplina contrattuale non può lecitamente assumere quale causa di risoluzione del rapporto manifestazioni del pensiero protette dall’art. 21 né consentire l’esclusione di associazioni tutelate dall’art. 18. Mentre si deve ritenere irrilevante la questione, pur sollevata nel giudizio, della riconoscibilità a CasaPound della qualità di partito politico, non risultando che questa possa attribuire nei rapporti interprivati alcuna tutela ulteriore rispetto a quella già spettante in base agli artt. 18 e 21”. A prescindere dunque che CasaPound sia un partito o meno, la libertà di associazione e di pensiero deve essere garantita.

Ma c’è di più

Il Tribunale non ha rilevato che CasaPound rientri nella definizione di organizzazione che incita all’odio prevista dagli Standard della Comunità.”  Conclude dicendo che “in assenza di violazioni accertate e non potendosi valutare in sede cautelare la contrarietà delle finalità dell’associazione con i principi costituzionali, la disabilitazione della pagina Facebook è ingiustificata e produttiva di un pregiudizio non suscettibile di riparazione per equivalente, relativo alla partecipazione CasaPound dal dibattito politico, incidente su beni costituzionalmente tutelati”.

Chi da sinistra insiste maldestramente ad attribuire a CasaPound una propaganda basata sull’odio, adesso dovrà tacere.

Sulla vicenda è intervenuto, sempre su Il Primato Nazionale, anche l’avvocato di CasaPound Italia Guido Colaiacovo, che ha rilasciato una breve ma incisiva intervista nella quale ha spiegato quali saranno i prossimi passi

Il provvedimento di oggi è definitivo?

Sì. Facebook non può più impugnare l’ordinanza cautelare, il tribunale ha dato ragione a noi definitivamente.

Possiamo dire che con questa decisione del giudice la Costituzione italiana ha vinto sulla policy, sulle regole di un social network privato?

L’ordinanza individua un punto di equilibrio tra i diritti e i doveri del social network e quelli dell’utente dall’altro. E che entrambi devono rispettare le previsioni costituzionali per poter invocare la tutela che queste riconoscono. Insomma, Facebook deve rispettare i diritti sanciti dalla nostra Carta in materia di libertà di associazione e libertà di pensiero.

E adesso che succede?

Con la chiusura della vicenda cautelare ora ci occuperemo della causa di merito.

Di che cosa si tratta?

E’ la causa vera e propria, per il risarcimento di CasaPound e di Davide Di Stefano per il danno subìto. La prima udienza di trattazione l’abbiamo fissata per l’8 ottobre, ma la data dovrà essere confermata dal giudice.

Il risarcimento dovrà essere calcolato in base al danno subito dall’oscuramento delle pagine del movimento perpetuato ingiustamente per mesi?

Esattamente. Così come abbiamo fatto tutto il necessario per far riaprire subito le pagine chiuse, in modo tale che il movimento non scomparisse dai social mentre si andava avanti con la causa, ora chiederemo un risarcimento congruo. E il giudice potrà darci torto o ragione.

Possiamo dire che il provvedimento di oggi lascia ben sperare?

Quello che possiamo dire è che il punto di equilibrio individuato è frutto di una attenta ponderazione che inserisce la causa nella cornice dei diritti costituzionali e che per questo appare difficile da modificare e quindi dovrebbe essere ribadita nella causa di merito.

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