Caro Lettore..metariflessione sullo scrivere articoli

L'insofferenza per la contemporaneita'

Lettore

Da anni ormai scrivo articoli per AdHocNews, sperando di non molestare troppo il lettore, e ultimamente mi è capitato di pensare su questa avventura.

Quando l’Amico Direttore Paolo Sebastiani me lo propose, rimasi interdetto. Scrivere su un giornale. Assicurando peraltro anche una certa assiduità di presenza.

Ci pensai su

Pensai di provare; e ci presi gusto.

Ora sono a pensare sull’oggetto di quella riflessione.

Quelli bravi direbbero che è una riflessione Meta, riflessione sulla riflessione, ma non è questo l’importante.

Lavoro grafico di Giger che interpreta
Baudelaire “AU LECTEUR”

Il punto è che mi è capitato di parlare con conoscenti, che avevano letto ciò che avevo scritto, senza rendersi conto che fossi io l’autore.
Viceversa perfetti estranei si sono palesati, con i quali mi è successo di discutere degli argomenti trattati.
Comunque sia, sempre persone che mai mi sarei aspettato potessero interessarsi al mio pensiero.

Ciò che scrivi non ti appartiene

La verità è che quando scrivi e pubblichi un qualcosa di tuo, lo rilasci agli altri e non ti appartiene più.
Ti rappresenta, ovviamente, ma non è più tuo.

Prendera’ strade che nemmeno concepisci, si allontanerà centinaia di chilometri per poi riavvicinarsi e incontrare magari il tuo dirimpettaio.

Sempre comunque a quel punto sarà una scheggia del tuo pensiero, che si mescolera’ con il pensiero di chi ti legge.

Cosa capirà o intenderà, sarà figlio delle sue idee più che delle tue che le hai scritte: capirà fischi per fiaschi o concetti più elevati di quelli che ti eri prefisso.

Oppure centrerà perfettamente il punto.

Sarai esempio: positivo o negativo

Io che scrivo non posso sapere cosa penserà il mio lettore: mi darà ragione, si annoiera’, troverà le mie solo farneticazioni, si farà una grassa risata. Oppure si alterera’ di brutto.

Sarò patriota o retorico, sarò arguto o un pressapochista, originale o banale.

Sarò ciò che penserete di me.

Sarà incorniciato come una perla rara, o un esercizio di stupidità.

Allietera’ chi vorrà annuire, farà sbroccare chi, invece, mi vorrà a portata del suo gancio destro migliore.

Sarò quello che penserete di me, ma non sarò come mi vorrete.

Scrivere è un atto di sano egoismo: sono profondamente convinto di ciò.

Non lo faccio per voi, o per creare consenso, non ne sarei nemmeno all’altezza, non mi reputo abbastanza organico. Né ne ho bisogno, non volendo carpire il voto di chicchessia.

Noi di AdHoc siamo una testata libera, gratuita, senza alcun vincolo. Una Redazione affiatata dove sostanzialmente abbiamo il privilegio di poter essere null’altro che noi stessi.

Un gruppo dove ognuno ha portato la sua esperienza personale, che non ha la pretesa di indottrinare o convincere nessuno. Di questi tempi non è poco. Non diamolo per scontato.

Più che informare sulla cronistoria dei nostri tempi – ci sono le Agenzie per quello, sono eccezionali e non le potremmo battere mai sulla velocità e tempismo – noi offriamo chiavi di lettura.

Le nostre chiavi di lettura

E ci sfoghiamo: quando non lo facciamo, dobbiamo ammettere che la tastiera irrimediabilmente ci manca.
Io da parte mia posso solo dire che scrivere è spesso una panacea, per i nostri fegati sempre più gonfi di contemporaneità, per il nostro sangue sempre più amaro per l’incoerenza di chi ci governa, indirizza, informa. Per i tempi che stiamo subendo, più che vivendo.

Indigesta o meno, la mia sarà sempre la sincera, genuina visione ed interpretazione secondo ciò che sono, che sono diventato e di come sono stato educato.

Non potrei pensarla e scrivere diversamente nemmeno se volessi. Sarebbe un esercizio di ipocrisia inutile e troppo faticoso. E io sono pigro.

La soddisfazione 

I primi articoli qui su AdHoc furono una condivisione di uno scritto memoriale di mio Nonno sulle Truppe Coloniali Italiane.
Quello scritto, battuto a macchina cinquanta anni fa, gli è sopravvissuto. Tramite me, che non ha mai conosciuto, ha avuto pubblicazione su un media che nemmeno avrebbe potuto immaginare o concepire ai suoi tempi.

Non ho la pretesa che accada, ma, chissà, qualcuno dei miei pezzi potrebbe avere lo stesso destino.

E attraverso mezzi di comunicazione che oggi nemmeno immaginiamo, magari avrà ancora la forza di fare incavolare qualcuno. Che penserà: ‘ma chi era ‘sto bischero..’

E, allora, sapete che vi dico?

Ne sarà valsa la pena, allora.

Volete mettere la soddisfazione di poter, a futura memoria, rompere ancora i coglioni?

 

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