Cambiamenti climatici nei media: pistolotti quotidiani

Declino della libertà di informazione in epoca di transizione ecologica

Media

Che la classe giornalistica italiana tutta, operante sui media, sia tra le meno libere del mondo non lo scopriamo adesso.

L’informazione nostrana è al 41° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa redatta da Reporter Senza Frontiere.

Il segretario Fnsi, attribuisce il problema al fatto che “l’indipendenza politica dei media è a rischio in particolare per come funziona il finanziamento e la governance del servizio pubblico di informazione che “è stato catturato da interessi politici e questo indebolisce il suo ruolo, in quanto è un obiettivo facile nel dibattito politico e nel processo decisionale”.

I “top4” (Rai, Fininvest, Sky e Cairo) realizzano il 90% delle entrate del mercato audiovisivo; quattro sono le società che hanno il 56% dei proventi del mercato radiofonico e quattro a spartirsi il 62% di quello dell’informazione stampata.

Un primato, che comunque si allinea ad un trend mondiale.

Nessuno è escluso, nessun media.

Dopo COVID e guerra in Ucraina la attendibilità e credibilità dell’informazione è veramente ai minimi termini. Un vulnus che è stato tanto forte, quanto evidente.

Oggi, facciamoci caso, è ridotta al passaggio ossessivo e quotidiano di servizi su cambiamenti climatici e transizione ecologica.

D’altra parte sono imposizioni chiare, anche ai fini della concessione dei Recovery Fund per il PNRR, per il quale come ha detto Draghi, la strada è tracciata, chiunque vada al Governo. Come dire: indietro non si torna.

E allora sì: propaganda!

Già, quella che ci vuole sporchi, senza lavarci, accaldati o infreddoliti a seconda della stagione, vegani a mangiare insetti e muoverci in bicicletta che nemmeno nella Cina Maoista (ma senza lavarci, e si riinizia il giro).

Un nuovo stile di vita, che puzza (!) di antico.

Il popolo ha fame? Dategli la carne sintetica.

Ogni giorno un bombardamento

Ogni santo giorno è un’alluvione di servizi sui cambiamenti climatici, che sono reali e sotto gli occhi di tutti, e la loro origine antropica, questa invece sempre più contestata ormai da autorevoli studi, incidente al più al 5%.

Di questo 5% di cui sarebbe colpevole l’uomo con emissioni climalteranti, l’Europa inciderebbe all’ 1%.

Ma allora di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando, come sempre di denaro. Tanto denaro. Una montagna di denaro.

Insistere sulla transizione ecologica si traduce in un affare plurimiliardario. Un business che si rivelerà liberticida, e già affonda i suoi artigli nella nostra vita quotidiana, fino a indicarci quanto riscaldarci o cosa mangiare. Per nulla.

O come e quanto muoverci, esclusivamente con macchinine elettriche (dal 2035) dalla autonomia limitata, velocità limitata (già dal 2024) e guida autonoma.

Quando tra dieci-quindici anni ci si accorgerà che i cambiamenti climatici sono ciclici, dipendenti dai cicli solari ed indipendenti dalle nostre abitudini, sarà tardi.

Avremo abdicato ai più elementari diritti di movimento e libertà. Con probabili patenti ecologiche a certificare la nostra socialità. A concedercela o a limitarla.

Ma per intanto assistiamo ogni giorno alla ripetizione pedissequa ed ossessiva di un copione già trito e ritrito.

Tanto da essere ormai ridotto a macchietta, finendo per ricondurre ogni argomento alla colpa dei cambiamenti climatici.

Con la chiosa che, per fortuna, grazie ai vaccini ne usciremo migliori. Una bandierina arcobaleno qua e là, mastellianamente  buona per tutte le stagioni, et voilà il servizio è pronto.

Proprio un bel servizio, non c’è che dire.

E ovviamente qualche orso polare scheletrito, non contestualizzato nel fatto che rispetto agli anni ’80 la loro popolazione è aumentato più del 70%.

Asservendoci sempre più al potere dominante, al pensiero unico con finalità irrimediabilmente propagandistiche.

 

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