Bombolo: Core de Roma

Intervista a Alessandro Lechner, figlio del grande Bombolo, alias Franco

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Bombolo: Core de Roma

Alessandro ultimo dei tre figli, ed unico maschio, di Franco Lechner, ancora oggi conosciuto come Bombolo. Versatile attore Romano, della commedia italiana degli anni 70-80.

Iniziamo da una curiosità. Siete romani veraci, ma il cognome Lechner da dove viene?

Noi abbiamo un po’ indagato, è un cognome di origine austriaca. Probabilmente ai tempi di qualche guerra qualcuno è passato da Roma, ma non lo sappiamo esattamente. Papà diceva sempre che era di qualche residuato di guerra.

Tuo padre non è nato attore? Diciamo che faceva lo stracciarolo come si dice a Roma?

Sì diciamo che faceva il venditore ambulante. Vendeva piatti, ombrelli, bicchieri, a seconda delle stagioni nel centro di Roma.

Un romano verace…

Lui era nato nel rione panico. Perché prima Roma era divisa fra ponticiani e trasteverini. Lui era ponticiano. Uno che si tuffava anche dal ponte di Castel Sant’Angelo, in tempi lontani nei quali il Tevere era il mare dei romani.

Quindi comunque non era nato attore, faceva un’altra professione.

Lui andava in giro a vendere con il carrettino, questo era il suo lavoro. Poi era sicuramente un personaggio. Anche se non cinematografico.
Per lui era una dote naturale…

Come è stato scoperto?

Papà, che qualche volta quando non andavo a scuola il sabato da bambino accompagnavo anch’io, con il suo carrettino si fermava sempre in una trattoriola, da Picchiottino.

Lì si radunavano tutti gli amici, gente romana e si facevano degli spettacoli tra di loro, per ridere e stare in compagnia.

Esiste ancora questa trattoria?

Sì ma non si chiama più Picchiottino. Ora è la Taverna Romana, ci facemmo anche un evento di Papà. Noi abbiamo fondato il gruppo Bombolo core de Roma, con cui facciamo dei raduni ogni anno.

E come avvenivano questi spettacoli improvvisati?

Praticamente tra una portata e un’altra lui faceva tutte scene in romano, che erano inventate da lui. Un giorno vanno a capitare proprio lì, Pingitore insieme a Castellacci del Bagaglino.

Quindi iniziò a fare cinema subito dopo quell’incontro?

No. In realtà i registi a lui non dissero nulla, anche se li aveva colpiti. Gli lasciarono un biglietto con il loro numero. Al quale lui non diede importanza.

Lo trovò mia madre nelle sue tasche prima di fargli il bucato e gli chiese cosa fosse. Lui spiegò e le disse di buttarlo. Ma lei lo convinse a chiamarli.

È stato grazie all’intuito di mia madre che ha iniziato la sua carriera da attore.

Quindi cambiò immediatamente la vita di tuo padre, che iniziò a fare l’attore?

In realtà non immediatamente. Mio padre continuò con il suo vecchio lavoro insieme a quello di attore per circa un anno e mezzo ancora.

Lo avevano chiamato anche in teatro, dove scontò delle difficoltà soprattutto all’inizio. Io non mi vergogno a dire che mio padre era stato costretto ad andare a lavorare sin da bambino. Perché era molto povero, quindi aveva potuto studiare solo fino alla seconda elementare.

Quindi ovviamente ha avuto molte difficoltà soprattutto nell’imparare i copioni al teatro. Però poi c’è stata una grande soddisfazione nel vedere negli anni papà diventare un vero protagonista del Bagaglino a teatro.

Faceva già anche cinema?

Sì certo. Però, il cinema è differente. Al cinema se sbaglia una battuta la rifai, a teatro sei a contatto con il pubblico.

Quindi di che periodo stiamo parlando?

Papà è stato scoperto intorno al 1974/1975. Io facevo le elementari.
Mi ha fatto piacere recentemente sentire un’intervista di Pingitore in radio. Lui è un uomo che ha lavorato con tantissimi attori ovviamente. Quando gli hanno domandato quale fosse l’attore con il quale aveva lavorato veramente bene, lui disse il nome di Papà. Io rimasi molto stupito.

Lui disse che era talmente tanto naturale, spontaneo, che riusciva a fare qualunque cosa tu gli si volesse far fare.

Bello sentirlo…

Ma guarda papà era proprio così. Anche ad esempio le vecchie interviste di Tomas Milian, ammettono che papà era proprio in questo modo. Lo era anche a casa, lo era anche con gli amici.

Tomas Milian e Bombolo

Scendeva dalla macchina, e saliva sul set ed era un tutt’uno.

Un talento in buona parte naturale?

Lui era soprattutto quello. Lui, la sua spontaneità, la sua naturalezza le ha portate al cinema. Quel pianto tipico che faceva, lo aveva inventato lui.

Come in quegli spettacolini che faceva tuo padre nelle trattorie romane giusto?

Non erano proprio spettacoli. Si trattava di cose molto spontanee. Loro a un certo punto toglievano di mezzo i tavolini e facevano queste scenette tra di loro.

Praticamente la sua carriera di attore dura poco più di dieci anni, perché viene a mancare prematuramente nel 1987…

Sì una carriera purtroppo molto breve.

Però intensa…

Sì assolutamente, intensa perché lui ha fatto subito un boom. Anche e soprattutto, grazie alla genialità di Bruno Corbucci nell’ inserirlo nei film di Tomas Milian.

E lì veramente è esploso

Erano gli anni di piombo, gli anni anche dei romani. Lui un il poliziotto sgargiato, e poi c’era il ladro, che era papà, di portafogli, di cose piccole. A Roma a quei tempi c’erano tanti ladri di quel tipo, quindi la popolarità veniva sentita.

Quindi con questa esplosione di popolarità la vostra vita, anche familiare, è cambiata?

Ma in realtà è cambiata poco. Lui era estremamente casalingo e familiare. Proprio perché purtroppo mio padre da piccolo non ha avuto una famiglia. La mamma è morta che lui aveva tre anni, di parto.

La mamma l’ha conosciuta poco e niente. Da piccolissimo era dovuto andare a lavorare col padre, vista la povertà della famiglia.

Quindi lui teneva tantissimo alla sua famiglia. E separava il lavoro della famiglia.

Una scelta non semplice, vista la popolarità che acquisiva in quegli anni

Lui a volte non si rendeva conto di essere davvero un personaggio. Andava in giro come se non fosse Bombolo, il noto personaggio dello spettacolo. Tutti lo fermavano lui neanche si dava importanza.

Quando l’Italia vinse i Mondiali del 1982, noi abitavamo a Boccea. Gli dicemmo tutti di non andare in giro che l’avrebbero preso d”assalto.

Alla fine lo caricarono su una camion e lo portarono a festeggiare in Piazza del Popolo. Lo vedemmo tornare a casa alle due del mattino.

Non hai pensato di seguire le orme di tuo padre come attore?

Da piccolino sì. C’era bisogno di un bambino, e Pingitore mi fece fare un film con Pippo Franco: L’Imbranato.

E poi in Assassino sul Tevere, durante la scena di Papà sull’autobus che ruba il portafogli e lo mette in tasca a Thomas Miglian, ero una comparsa lì sull’autobus.

Quindi hai iniziato a muovere i primi passi?

C’era anche un’agenzia che avrebbe voluto farmi fare delle pubblicità. Ma io ero talmente piccolo. Poi Papà ci voleva tenere un po’ in disparte dall’ambiente cinematografico.

Come mai ?

Lui con noi ha fatto sempre un poco da chioccia.Io giocavo a pallone, voleva che studiassi.

Poi erano tempi molto diversi rispetto ad oggi. Oggi basta fare un Grande Fratello per diventare famosi. Prima c’era una lunga gavetta.

Basta vedere gli attori di ieri e di oggi. Ora c’è veramente più improvvisazione, la TV da spazio a tutti.

Alessandro Lechner

Quindi né tu, né le tue sorelle avete ripreso questa carriera? Neanche a livello teatrale?

Pensa anche che mio padre è morto a soli 56 anni. Io ho fatto vent’anni il 12 agosto e lui il 21 è morto.

Ci portiamo poca differenza di età con le mie sorelle. Eravamo tutti ancora giovani. Ed era un mondo, il cinema di una volta, veramente molto diverso da oggi.

Cioè?

Non potevi fare un film solo perché eri figlio d’arte. Dovevi avere anche delle tue capacità.
Un conto era quello che ho fatto io con alcune scene, di un bambino. Ma prima al cinema servivano attori veri.

Infatti credo che oggi il teatro stia morendo, perché il vero attore era l’attore di teatro.

Perdonami questa domanda tuo padre è morto giovane, a causa di un tumore?

Papà, purtroppo, meno di un anno prima di morire ha avuto una meningite. Dovette essere ricoverato all’ospedale Gemelli per quasi una mesata.

Fortunatamente questa meningite non gli lasciò strascichi a livello cerebrale. Lui infatti riprese regolarmente a lavorare.

Però da lì a pochi mesi gli venne scoperto un tumore al colon. La medicina di trentasei anni fa non era la medicina di oggi.

Oggi probabilmente sarebbero riuscirti a gestirlo.

Bombolo era laziale o romanista?

Romanista. Tutta la famiglia era romanista. Non è che fosse un grande appassionato, non è che capisse troppo di calcio. Lo seguiva ma nulla di più.

Franco/Bombolo magari non riusciva neanche a distinguersi dal personaggio, ma in casa che persona era?

Papà in casa era un allegria della mattina alla sera. Era sempre uno. Io sono pienamente convinto che lui non abbia mai sentito la differenza tra quello che faceva davanti alla telecamera e quello che faceva a casa. Forse all’inizio sarà stato emozionato. Soprattutto in teatro. Ma da quando poi ha rotto il ghiaccio, è andato sempre serenamente.

Lo ricordo, sempre allegro, sorridente, con la battuta pronta.

Il più bel ricordo che hai di lui?

Per me sicuramente la sua allegria, era sempre gioioso ed allegro. Anche se sapeva consigliarti. Perché lui aveva vissuto per strada. Aveva vissuto la fame, sapeva dove c’era il pericolo, sapeva chi frequentavi. Riconosceva subito se era una brava persona.Nel suo modo te lo faceva capire.

Ammiro molto anche tutto quello che è riuscito a fare nonostante la sua poca istruzione, non dipesa da lui, dove è arrivato…

Avete fatto qualcosa per preservarne la memoria?

Su iniziativa soprattutto di mia sorella Stefania, anche perché io non ero tanto social, poi lo sono diventato, abbiamo aperto questo gruppo: Bombolo core de Roma.Dove ci sono quasi 12.000 iscritti.

E quello che veramente mi meraviglia, perché ovviamente Papà come attore , c’è a chi piace ed a chi non piace; è che a 36 anni dalla sua morte e tanta gente ancora lo ricordi. Lo vedo anche nei raduni. All’ultimo eravamo più di 200 persone. Gente che viene da Lecce, da Milano, giovani che neanche lo hanno conosciuto.

Vuol dire che Papà ha lasciato un bel segno, sono convinto che avrebbe potuto dare molto molto di più se fosse vissuto ancora un po’.

Anche oggi questa intervista con te che dimostra che c’è ancora interesse verso la sua figura, e questa è una grande soddisfazione.

 

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