Bocciata al Senato la “ministra”. Il linguaggio inclusivo dei maschi

A sinistra si invocano i contentini per le donne, mentre si prepara la vera misoginia verso Giorgia Meloni

Ministra“, “Senatrice“, “la Presidente” non si useranno al Senato, perché cambiare il linguaggio non serve a cambiare la realtà.

Una realtà nella quale leader in pectore della coalizione data da tutti per vincente è una donna, e tutti gli altri partiti, tutti, sono guidati da uomini.

Una donna in gamba, non scelta per ‘quote rosa’ o imposta per legge, ma perché capace.

Perché le persone si giudicano per la loro preparazione, non per l’apparato riproduttivo.

Una donna insultata, vituperata, attaccata ogni giorno, nel silenzio sconcertante delle femministe.

Che però si battono per declinare al femminile i termini, e rimanere così divise e nell’anonimato.

Il linguaggio ‘inclusivo’

 

Insomma, tutti i ruoli politici declinati al femminile non faranno parte del linguaggio istituzionale del Senato. A rimanere in tutti i documenti e le comunicazioni ufficiali sarà ancora il genere maschile, quello sì inclusivo.

Di storpiature come ministra, schwa, asterischi e quant’altro non abbiamo bisogno, se poi i partiti ‘progressisti’ sono guidati da uomini che tuonano quotidianamente contro una donna, Giorgia Meloni, in maniera a volte anche offensiva.

L’emendamento dal nome “Disposizioni per l’utilizzo di un linguaggio inclusivo” prevedeva, all’articolo 1, che il Consiglio di presidenza stabilisse “i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’Amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l’adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne”.

Il classico ‘cambiare tutto per non cambiare nulla’.

Al Senato la destra affossa l’emendamento per introdurre nel regolamento la parità di genere nel linguaggio ufficiale. È evidente che di parità di genere non ne vogliono sentire neanche parlare. O con il loro oscurantismo o con noi. La scelta è tutta qui“, ha twittato la senatrice Dem Rossomondo.

Il presidente del Senato Elisabetta Casellati ha definite “pretestuose” e “inaccettabili” le proteste.

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