Balotelli fallisce ancora, spremuto dal globalismo

La carriera di uno degli attaccanti più sopravvalutati della storia rischia di finire prima dei 30 anni.

Balotelli

Balotelli: finisce nel peggiore dei modi l’esperienza al Brescia. Il club di Massimo Cellino ha inviato al giocatore la lettera di licenziamento. Lo strappo decisivo è arrivato con la mossa dell’attaccante di presentare un certificato medico con la diagnosi di gastroenterite, per la quale non si è presentato agli ultimi allenamenti dopo settimane di assenteismo e grande tensione con la società.

Una querelle che si annuncia molto lunga, le parti sono in lotta e anche se il club ha inviato all’attaccante il ricorso per la risoluzione del contratto per giusta causa, la fine del rapporto non è del tutto automatica. Il collegio arbitrale che riceverà il ricorso da parte del Brescia, dovrà riunrsi, valutare e quindi pronunciarsi. Così potrebbe anche capitare che torni in campo per gli allenamenti individuali, chiedendo di usfruire delle strutture di Torbole Casaglia.

Comunque andrà una cosa è certa: siamo di fronte all’ennesimo fallimento di Mario Balotelli.

Rovinato dal suo pessimo carattere, certo, ma anche e soprattutto dalla politica. Quando Balotelli si è affacciato sulla scena del calcio che conta, i globalisti lo hanno subito individuato come uno strumento da sfruttare per fini ideologici. La sinistra progressista, in un centravanti di colore per la nazionale italiana, aveva intravisto la possibilità di ricevere un’efficace propaganda a costo 0. Balotelli in maglia azzurra sarebbe dovuto servire ad imbonire le masse sul tema dell’immigrazione, per lui era già pronto un posto a vita come testimonial della società multietnica. Credevano di aver trovato un formidabile simbolo da utilizzare per la loro opera di decostruzione della nostra identità nazionale, peraltro utilizzabile anche e soprattutto sui bambini. Gli è andata male, molto male, ma a Balotelli ancora peggio.

Gran parte degli organi di stampa, fin dall’esordio con la maglia dell’Inter, si sono meticolosamente impegnati in una tambureggiante esaltazione del personaggio. I rendimenti sul campo, però, sono sempre stati inversamente proporzionali all’eccitazione da adolescenti al primo amplesso con cui la stampa politicizzata lo pompava. La narrazione giornalistica, senza che ancora avesse dimostrato nulla, gli attribuiva aggettivi come “fenomeno” e “fuoriclasse”. In tutta onestà, se è vero che potenzialmente stiamo parlando di un ottimo giocatore, è altrettanto vero che non sarebbe mai potuto arrivare ai livelli di Vieri o di Inzaghi, giusto per citare due esempi nostrani, figuriamoci a quelli di gente come Ronaldo o Ibrahimovic.

Tutta questa pressione, che col calcio non aveva niente a che vedere, sicuramente lo ha danneggiato.

Nei primi anni di carriera ogni sua ripicca, ogni marachella, ogni mancanza di educazione e di rispetto, è stata sempre giustificata e coperta. Gli hanno fatto credere di essere vittima di pregiudizi razziali, quando, invece, per il suo bene, ci sarebbe stato solo da tirargli le orecchie, intimandogli di farla finita col comportarsi da cronico rompiscatole.

Le sue intemperanze sono state innumerevoli, molti calciatori turbolenti hanno avuto almeno un luogo in cui hanno placato la propria irruenza. Balotelli no. La maglia dell’Inter gettata via a San Siro, le multe al City, il doppio flop tra Reds e Milan, Viera che lo dichiara “un fallimento” al Nizza… La storia di Balotelli ci parla di pochi goal e tanti burrascosi addii.

Il tatuaggio Black Power

Se invece che coccolarlo e mitizzarlo ad oltranza, qualcuno gli avesse detto le cose come stavano, forse non si sarebbe rovinato in questo modo. Recentemente si è tatuato in fronte la scritta “Black Power”, ovvero “Potere Nero”. Slogan riconducibile a gruppi politici razzisti composti esclusivamente da attivisti di pelle nera. Probabilmente, il buon Mario, non si è accorto che la sua carriera è stata rovinata anche dall’autorazzismo di alcuni bianchi, del quale lo volevano trasformare in simbolo. Tuttavia, per questo, non c’è da condannarlo: sta semplicemente cercando di riconnettersi alle proprie origini. Balotelli è la testimonianza che non si possono spostare masse di persone nel globo a proprio piacimento. L’uomo ricercherà sempre se stesso, le proprie radici e la propria identità.

Adesso, comunque, pare essere tutto finito: dopo l’ennesima cacciata chi vorrà farsi carico di un calciatore esigente, destabilizzante, pretenzioso e di scarso rendimento come lui? I globalisti lo hanno mollato: le sue uscite, senza alcuna speranza di vedere risultati sportivi, stavano sortendo l’effetto opposto. Dopo essere stato usato, “SuperMario” è finito in soffitta e cadrà nel dimenticatoio. In attesa di un altro protagonista da spremere e sacrificare sull’altare della “società aperta”.

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