Auto elettriche, transizione ambientale e realtà economica: l’illusione verde dell’Italia

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Auto elettriche, transizione ambientale e realtà economica: l’illusione verde dell’Italia

Il dibattito sulla transizione ecologica, in Italia e in Europa, si sta scontrando con la realtà, dei costi e della sostenibilità economica.

Già l’11 ottobre 2024 lo ha ribadito l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, dimessosi poco dopo ma non prima di aver effettuato la distribuzione dei dividendi agli azionisti, comunque durante la sua ultima audizione al Parlamento italiano lamentava la possibilità di continuare la produzione green a causa delle multe europee e della mancanza di altri incentivi per l’ acquisto di nuove costosissime auto già surclassate dalla produzione cinese

Infatti, per loro stessa ammissione, produrre un’auto elettrica oggi costa circa il 40% in più rispetto a un veicolo a combustione interna.
In realtà è l’ inadeguatezza e l’ arretratezza della nostra industria dell’ auto ad essere rimasta al palo nei confronti delle case asiatiche oltre al fatto che la maggior parte delle risorse necessarie per realizzare le costose batterie sono in mano alla cina.

E allora perché imporsi questa trasformazione, apparentemente autolesionista?

Va detto con chiarezza, è stata imposta dalla politica e non dall’industria, ma l’ industria dell’ auto ormai satura nei mercati occidentali ha visto una allettante opportunità, quella di poter costringere tutti i cittadini ad un cambio del parco auto Europeo forzatamente, sostituendo i modelli endotermici considerati obsoleti con nuovi costosissimi modelli a batterie.

Ovviamente se questo poteva essere fatto grazie a bonus e incentivi tanto meglio, ma ovviamente i Volponi dei nostri industriali dell’ auto non avevano fatto i conti con la realtà

Si perché pensare di poter fare pagare a suon di bonus indirettamente ai cittadini il cambio dell’ intero Parco auto Europeo poteva essere valido per Paesi con i conti pubblici in ordine non certo per chi come l’ Italia ha un debito pubblico insostenibile ed è costantemente sotto osservazione per il nostro dissesto economico.

Il secondo punto è il distacco ormai incolmabile con i competitor asiatici, che possono produrre auto elettriche a costi molto più bassi e con qualità molto superiore

A questo si aggiunge un ulteriore nodo: l’Italia è un paese dove la produzione automobilistica è più onerosa che altrove in Europa, a causa di una serie di fattori strutturali — energia, distribuzione della rete elettrica inadeguata , burocrazia, infrastrutture, giustizia civile, relazioni industriali — che da anni soffocano la competitività del nostro sistema produttivo.

Ecco perché, secondo l’economista Luigi Marattin, anziché lanciarsi in richieste simboliche o in appelli moralistici verso Stellantis, sarebbe più utile avviare una riflessione seria e pragmatica su come la politica possa intervenire per ridurre questi divari.

Ma il dibattito è spesso ideologico, e questa è forse la debolezza più grave dell’approccio italiano alla transizione

Da una parte si auspica un’economia più verde, dall’altra si ignorano i vincoli della realtà. Come ha ricordato la premier Giorgia Meloni, le politiche di decarbonizzazione devono necessariamente tenere conto dell’impatto sociale ed economico che comportano.

Non si può pensare che il costo della transizione sia interamente scaricato sui cittadini, soprattutto su quelli a basso reddito.

Non è un tema ideologico, ma matematico: anche se dal 2035 in tutta Europa circolassero solo auto elettriche, la riduzione delle emissioni globali di CO₂ sarebbe inferiore allo 0,9%

Una percentuale che dovrebbe far riflettere chi promuove divieti e trasformazioni radicali senza un confronto trasparente con i dati. Forse l’approccio dovrebbe essere meno dogmatico e più pragmatico.

Non mancano, poi, i paradossi. Si continua a sostenere che la riduzione delle auto inquinanti sarà compensata da un maggior uso del trasporto pubblico. Ma in molte città italiane, i mezzi pubblici sono già oggi sottodimensionati, inadeguati, sovraffollati.

Pensare a un loro massiccio potenziamento nel breve periodo è illusorio, e i cittadini lo sanno bene

E qui si inserisce il caso di Firenze, città che si è dotata recentemente di un “scudo verde” per limitare l’accesso alle auto più vecchie e inquinanti, come le euro 0 a benzina e le diesel euro 3. Ufficialmente l’obiettivo è migliorare la qualità dell’aria urbana.

Ma i dati mostrano una realtà diversa: l’inquinamento atmosferico a Firenze peggiora soprattutto nei mesi invernali, in coincidenza con l’attivazione dei riscaldamenti condominiali.

Tuttavia, è politicamente impensabile fare una battaglia contro il riscaldamento domestico. E così, invece di affrontare il vero nodo, si è preferito concentrare la narrazione sulla mobilità privata

Ne risulta che il peso della trasformazione ecologica cade ancora una volta sulle spalle dei cittadini meno abbienti, quelli che non possono permettersi di sostituire l’auto, magari regolarmente revisionata ma non più al passo con i criteri ambientali imposti. È una forma di ecologismo punitivo che colpisce non chi inquina di più, ma chi ha meno risorse.

Inoltre, dietro lo scudo verde, si cela il rischio di una nuova forma di tassazione. Un domani i non residenti potrebbero dover pagare per accedere alla città, trasformando il provvedimento in un vero e proprio dazio urbano. Già oggi Firenze detiene il primato nazionale per multe in rapporto agli abitanti.

Secondo il Comune, il 90% delle sanzioni viene elevato a non residenti

È lecito domandarsi se certi autovelox siano posizionati più per far cassa che per aumentare la sicurezza stradale.

A tutto questo si aggiungono ulteriori balzelli: i parcheggi per i non residenti sono diventati un lusso. In alcune zone della città, per potersi muovere liberamente da un quartiere all’altro, anche i residenti devono pagare una quota annuale. Per i non residenti, la cifra può salire fino a 500 euro. Si tratta di dati che andranno verificati e circostanziati, ma il messaggio è chiaro: accedere alla città sta diventando sempre più costoso.

Nel frattempo si continua a puntare sulla tramvia, ancora incompleta e già in ritardo, come unica vera alternativa alla mobilità privata

Ma anche qui i limiti infrastrutturali sono evidenti. Né si può pensare che le auto elettriche possano sostituire rapidamente quelle a combustione: in città come Firenze, già oggi la rete elettrica va in sofferenza nei mesi estivi a causa dei condizionatori. Pensare di ricaricare migliaia di veicoli ogni notte appare, semplicemente, fuori scala.

La verità è che servirebbe un cambiamento culturale prima ancora che industriale

In questi anni è mancata in Parlamento una voce liberale capace di opporsi con chiarezza alle derive populiste e assistenzialiste che hanno partorito misure come il reddito di cittadinanza o il Superbonus 110%. Quest’ultimo, ricordiamolo, è stato introdotto dal governo Conte I e ha goduto di una colpevole assenza di opposizione politica fino alla caduta del governo Draghi. Il quale, pur con maggiore prudenza, non ha saputo né voluto bloccarlo per tempo.

Oggi l’Italia si ritrova a dover ripagare 40 miliardi di euro per quella misura, con un margine di manovra fiscale praticamente azzerato

Con un debito pubblico fuori controllo, vincoli europei sempre più stringenti e cittadini esasperati dal carovita, è davvero il momento di chiedersi se alcune scelte green non siano diventate, nei fatti, strumenti di pressione sociale e fiscale più che strumenti di vera sostenibilità.

La transizione ecologica resta un obiettivo irrinunciabile, ma se non sarà sostenibile anche economicamente e socialmente, rischia di trasformarsi in una nuova forma di disuguaglianza, anziché in un’opportunità.

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