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ARMIN MOHLER E LA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE. RIPARTIRE DA QUI PER RIPENSARE LA “DESTRA”

di Roberto Lobosco
12 Novembre 2025
In Cultura
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ARMIN MOHLER E LA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE. RIPARTIRE DA QUI PER RIPENSARE LA “DESTRA”
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ARMIN MOHLER E LA RIVOLUZIONE CONSERVATRICE. RIPARTIRE DA QUI PER RIPENSARE LA “DESTRA”

Ci sono libri che lasciano un’eredità così significativa da restare indifferenti al passare del tempo.

Anzi, spesso più passa il tempo e più se ne apprezza il valore e l’importanza

Questo è ad esempio il caso de “La Rivoluzione Conservatrice” di Armin Mohler che Passaggio al Bosco ha opportunamente ripubblicato con una edizione impreziosita da imponente bibliografia curata da Nicola Cospito e con tre contributi di alto livello molto utili per comprendere meglio il testo a cura di Alain de Benoist, Lorenzo Di Chiara e

Adriano Scianca

Armin Mohler nasce a Basilea il 12 aprile 1920. Cresce in un ambiente socialista, si avvicinò negli anni giovanili al trotzkismo, ma presto maturò un allontanamento da tali posizioni. Nel secondo dopo guerra fu segretario di Ernst Junger e dal 1953 fu corrispondente per diversi giornali tedeschi e svizzero-tedeschi in Francia.

Dal 1967 è stato professore di scienze politiche presso l’Università di Innsbruck

Il volume in questione è lo sviluppo di una tesi di laurea discussa con Karl Jaspers a Basilea pubblicata nel 1950 e ampliata in una riedizione del 1972. Mohler analizza tutti i nodi fondamentali della Konservative Revolution, definisce e cataloga gli autori e i movimenti fornendoci una straordinaria panoramica.

Dal punto di vista della struttura, il testo si articola su quattro sezioni (la problematica, l’argomento, le immagini-guida, i cinque gruppi).

La Rivoluzione Conservatrice di Mohler è ancora oggi un riferimento classico ed essenziale per comprendere le correnti culturali che si svilupparono in Germania dal 1918 al 1932 e influenzarono la cultura e la politica europea fra le due guerre

Il contesto storico è quello della grande delusione per la sconfitta, della sofferenza dovuta alle pesanti condizioni contenute nei Trattati di Versailles che come oggi sappiamo rappresentarono non una pace ma una tregua lunga venti anni che doveva sfociare in un ulteriore conflitto mondiale e della rabbia per la consapevolezza che a cedere fu il fronte interno, che i soldati nelle trincee avevano compiuto eroicamente il proprio dovere ma furono traditi dai pacifisti, dai social democratici e dai marxisti.

Anni eroici e terribili

Anni in cui emergono i Corpi Franchi, formazioni paramilitari nazionaliste formate da ex combattenti smobilitati dalle forze armate imperiali. Essi ricevettero, in quelli che sono i paradossi della storia, considerevole supporto e protezione da Gustav Noske e dal Partito Socialdemocratico di Germania in funzione anticomunista e dunque in difesa della Repubblica di Weimar. Dal punto di vista spazio- temporale viene dunque preso come riferimento la Germania dagli anni che vanno dal 1918 al 1932, dalla fine della Prima guerra mondiale all’avvento del nazionalsocialismo.

Come tutte le delimitazione temporali anche quella che ci propone l’autore non si sottrae ad alcune considerazioni critiche laddove la Rivoluzione conservatrice può essere intesa in senso più ampio sia dal punto di vista storico che geografico

Il termine fu infatti utilizzato per la prima volta il 24 maggio 1848 sul quotidiano berlinese ”Die Volkstimme” e compare poi in Russia e in Francia prima che lo utilizzi Hugo von Hoffmansthal nel 1927. Possiamo dunque considerare la ricerca di Mohler un segmento di un fenomeno più esteso che però per varie ragioni storiche ha assunto una importanza particolarmente rilevante proprio in Germania.

L’espressione Rivoluzione conservatrice sembra un ossimoro ma dipende da quale significato diamo ai termini

Per “conservatrice” non va intesa la volontà di difendere privilegi o lo status quo ma è un richiamo a valori eterni e immutabili e alle radici profonde di un popolo. L’orientamento spirituale e politico conservatore si unisce ad un atteggiamento rivoluzionario, teso in sostanza al cambiamento, a creare nuove strutture politiche e sociali, rigenerare la nazione e accogliere elementi della modernità tecnica e politica reinterpretandoli in chiave “eroica”, “organica” e “spirituale”.

Si trattava di combattere i miti del progresso senza voler tornare all’Ancien Régime

D’altra parte in astronomia il termine rivoluzione si ricollega al movimento dei pianeti che poi tornano al punto di partenza e dunque l’origine richiama la Tradizione e la fedeltà ad essa.

Dal punto di vista ideologico la Rivoluzione conservatrice non fu comunque un movimento unitario, ma un insieme di correnti culturali e politiche, una costellazione  etetogenea di gruppi e realtà sul cui sfondo operarono ed emersero grandi personalità intellettuali come ad esempio Junger, Heidegger, Spengler e Spann solo per citarne alcuni

Tutta questa complessa realtà aveva come comun denominatore  l’opposizione al liberalismo, ai principi dell’89, ai valori borghesi e mercantilistici immaginando una “terza via” tra tradizione e modernità.

È proprio il concetto di modernità a segnare molte delle differenze che intercorrono tra di loro. C’è chi vi si contrappone in nome della tradizione e chi coglie la modernità come l’opportunità di riscrivere le gerarchie sociali. Una idea di «moderno» legata e letta attraverso l’avvento di un’«età della tecnica».

La rivoluzione conservatrice fa i conti con la modernità anche se in una declinazione antiilluminista

Seppur sommaria, proponiamo una classificazione al fine di comprendere meglio la questione.

Vi erano i “neo conservatori” che si richiamavano alla tradizione prussiana (Moeller van den Bruck e Spengler, Schmitt), cattolica (Spann) o protestante.
Quindi vi è era anche un filone cristiano. Vi erano i nazional rivoluzionari, tra cui Junger e von Salomon. I nazional bolscevici come Ernst Niekisch e Otto Strasser.

Per i bundischen prevalente era l’idea di un ordine virile, con caratteri esoterici e iniziatici

Tra questi molti movimenti giovanili e gruppi paramilitari. Infine i volkischen o nazional razzisti che si riallacciavano a una visione del mondo e della storia basata su fattori razziali e su una religiosità germanica.

I loro riferimenti culturali erano De Gobineau e Stewart Chamberlian

Contrapponendosi al progresso e alla modernizzazione, cercavano un’alternativa mitizzando il passato antico-germanico e medievale, idealizzando la vita
delle campagne e dei villaggi e rivitalizzando leggende e saghe passate.

Il popolo era inteso in senso razziale, per cui lo stato si basava sulla comunità di sangue e di storia

Tra questi spiccano i nomi di Gunther, Clauss, Rosenberg e Darrè. Un accenno meritano i Wanderwogel, “uccelli migratori”, non semplici boy scout ma bande animate dalla voglia di scrollarsi di dosso tutte le restrizioni imposte dalla società borghese per tornare alla libertà di Natura.

Chiariti gli aspetti principali di queste correnti si aprono interrogativi e dibattiti rilevanti

Quale visione della storia emerge? Lineare, ciclica o sferica e cosa significano esattamente? Quale influenza ha avuto Nietzsche sui rivoluzionari’-conservatori? Può essere considerato il loro “padre spirituale” e in che termini esattamente? In che misura la linea intellettuale tracciata dalla Rivoluzione conservatrice ha influenzato il pensiero contemporaneo di destra?

Le previsioni che erano stare avanzate si sono poi avverate?

I vari fascismi furono accomunati da un comune orizzonte politico che può essere definito rivoluzionario e conservatore? Fu un movimento antisemita? È più corretto parlare di movimento della rivoluzione conservatrice o di ideologia  della «Rivoluzione conservatrice»?

Quali furono i simboli, la mentalità e la simbologia?

Quale il rapporto con la violenza intesa in senso “Soreliano” come ineludibile atto di guerra che alimenta la speranza di una nuova era? Quanto fu importante l’esperienza del fronte da cui emergono i valori virili e la figura del “soldato politico”  coniato da von Salomon?

Tutte questioni che è in questa sede impossibile affrontare ma che ritroverete nell’opera di Mohler

Due considerazioni però risultano necessarie. In primo luogo, quale fu il rapporto tra la Rivoluzione conservatrice e il cristianesimo?  L’autore riconosce l’esistenza di un filone cristiano ma in un interpretazione più ampia e quasi metastorica vede nella rivoluzione conservatrice la nascita di una nuova morale, di nuovi valori sganciati dal cristianesimo stesso e quindi una rottura e una riscoperta di una religiosità tipicamente germanica e pre cristiana.

Anche perché per Mohler esisterebbe una correlazione fra cristianesimo e ideologie politiche liberali e progressiste per cui sarebbe necessario proporre un modello alternativo

La seconda questione, più delicata, riguarda il rapporto tra la Rivoluzione conservatrice tedesca e il nazionalsocialismo. Mohler non include quest’ultimo tra le correnti prese in considerazione.

Per alcuni, tra cui l’autore, il nazionalsocialismo fu un tradimento della rivoluzione conservatrice in quanto ne aveva distorto la vocazione aristocratica di quel pensiero.

Dal nostro punto di vista la questione è più complessa in quanto entrambe le realtà furono eterogenee e non monolitiche e inevitabilmente parteciparono allo stesso clima storico e culturale

È vero che vi furono personalità della rivoluzione conservatrice che furono perseguitate (Niekisch), scelsero l’esilio (O. Strasser) o comunque non aderirono al regime (T.Mann). Ma è pur vero che ve ne furono altre che aderirono convintamente (Darrè e Gunther ad esempio) o con vari distinguo (Heidegger e Carl Schmitt per fare due nomi).

Il nazionalsocialismo permise l’affermarsi di alcune aspirazioni proprie della rivoluzione conservatrice o di alcune sue diramazioni e quest’ultima fornì al nazionalsocialismo alcuni importanti strumenti teorici

Ritroviamo nel nazismo il socialismo antimarxista e l’etica prussiana dei neo conservatori, la dittatura plebiscitaria di Moeller Van der Bruck, la mobilitazione totale di Junger, l’idea dell’ordine ripreso da Himmler con le ss. Molti elementi dell’ideologia völkisch furono fatti propri dai nazionalsocialisti e non
solo quelli esteriori, come la svastica e il saluto “heil” ma anche concetti come quello del popolo inteso razzialmente, la necessità della unificazione di tutti i popoli tedeschi e il Lebensraum.

Il nazismo avversarò invece ad esempio i nazionalbolscevici e l’orientamento ad est soprattutto in politica estera

Le diverse famiglie culturali e sociali solo in parte dunque confluiscono o sono assorbite nel regime nazista. Esposte certe problematiche che necessitano di approfondimento non resta che domandarsi cosa resta oggi di tutto questo, di quella galassia ideologica che come abbiamo detto non coinvolse e non riguardò solo la Germania.

E soprattutto se può la destra moderna attingere da tale giacimento culturale e applicare determinati principi di questa corrente di pensiero sulla base della constatazione che i sistemi politici e sociali esistenti siano falliti dal punto di vista sociale, politico ed economico.

Non esiste un sistema politico o organizzazione sociale che possa o debba essere mantenuto intatto per sempre perché le necessità e le dinamiche economiche e sociali mutano

Lo abbiamo visto con l’avvento delle masse all’inizio dello scorso secolo che ha prodotto rivolgimenti determinati dalla necessità di garantire una partecipazione popolare adeguata. Le previsioni di Spengler nel suo “Anni decisivi” si sono avverate drammaticamente.

La destra può e deve ripensarsi partendo da alcuni valori che ritroviamo nella rivoluzione conservatrice, può lì trovare una risposta ai problemi del nostro tempo, al rapporto con la tecnica che domina i ritmi dell’uomo e della modernità che lo inseriscono in una dimensione totalitaria e livellante, nel coniugare passato, presente e futuro, nel guardare avanti restando ancorati ad una tradizione che ci trascende

Ad esempio difendendo le proprie radici e il proprio patrimonio culturale; riannodando i vincoli comunitari; unendo l’elemento nazionale con quello sociale, con il rifiuto del liberismo e del materialismo; difendendo un’idea di civiltà spirituale e antimaterialista; opponendo i valori eroici a quelli mercantilistici; concependo lo Stato come unità organica e riconoscendone il primato sull’economia che non può che essere solo un mezzo per il raggiungimento di fini extra-economici e rifiutando il progressismo in nome dei valori tradizionali per restituire l’uomo alla sua dimensione.

Una Destra che sappia opporsi alla globalizzazione dei “mercati” e al dominio incontrastato della finanza sulla forza-lavoro. Una Destra che riprenda i temi della sovranità monetaria, che ripensi a forme di rappresentanza più complete e democratiche che includino anche le categorie produttive, i corpi intermedi e le realtà territoriali

Dunque la rivoluzione conservatrice come scuola di pensiero e come ispirazione. Mohler voleva far risorgere il movimento nazional-rivoluzionario degli anni Venti e Trenta e sviluppare una critica alla Repubblica Federale Tedesca che ricalcasse in qualche modo quelle che i gruppi e gli esponenti della Rivoluzione conservatrice riservarono alla Repubblica di Weimar.

Dopo la Seconda guerra mondiale, Mohler
cercò di recuperare quella tradizione come base per un nuovo pensiero “di destra” europeo e oggi dovremmo ripartire proprio da questo per proporre una politica e una visione più alta dell’uomo, della politica e della vita.

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Tags: CONSERVATORIDESTRAIN EVIDENZALIBRIRIVOLUZIONE
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