Afghanistan. Siamo tornati al 2001. Anzi siamo messi ancora peggio.
Sì perché vent’anni fa i talebani non controllavano tutto l’Afghanistan, adesso sì. Oltre tremila caduti complessivi della coalizione internazionale di cui 53 italiani, per vedere questo maledetto giorno che non sarebbe mai dovuto venire.
I più lucidi tra gli analisti temevano, nei giorni scorsi, che Kabul potesse cadere entro tre mesi; in realtà è caduta in meno di tre giorni. Non è una sconfitta, è una catastrofe.
Questo fallimento dell’Occidente non sarà a costo zero. Sia per il dramma umanitario che si verrà a creare, sia per la grande vittoria che si è regalata a gli estremisti islamici radicali.
Gli accordi di Doha hanno riconosciuto come legittimi interlocutori personaggi che vivono ispirandosi a principi analoghi a quelli dell’Isis. Hanno avuto un sostanziale via libera a poter governare il paese dovendosi limitare a garantire che il paese non diventi base per attacchi di terroristi.
Praticamente il mondo libero è dovuto scendere a patti con questi integralisti, per stabilizzare un paese dove tutti hanno fallito. Un paese che ha segnato la disfatta sia dei russi che degli americani, invaso da entrambi ma non dominato né dai primi che dai secondi.
E adesso è arrivato il momento tragico della vendetta dove questi barbari imporranno le leggi della sharia, soffocheranno qualsiasi opposizione e tutti coloro i quali hanno collaborato con l’Occidente pagheranno un prezzo altissimo.
Noi passiamo loro ritornano
Questa è la rovinosa Saigon di Joe biden, dove tornano alla mente gli elicotteri che frettolosamente abbandonavano l’ambasciata americana carichi di profughi e personale.
Ed ora le squadre della morte giustizieranno, mutileranno e ridurranno in schiavitù tutti gli avversari interni.
Washington ha perso il controllo.
L’Occidente è totalmente in stato confusionale. Il presidente Ashraf Ghani è fuggito in Uzbekistan. Vent’anni di guerra per riconsegnare il paese ai tagliagole.
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