“Tutti mi hanno emozionato, ma i più certamente sono stati San Ranieri di Pisa e il re ed imperatore Enrico VII di Lussemburgo; ma pensate di avere in mano i resti di personaggi che hanno avuto in mano il destino spirituale e materiale di intere popolazioni a loro contemporanee.”. [1] Così Francesco Mallegni paleoantropologo di fama internazionale, ricordava in una sua intervista di 4 anni fa ( 2 maggio 2021) i momenti più straordinari della sua carriera di indagatore e restauratore dei grandi del passato.
Purtroppo il professor Mallegni ci ha lasciato due giorni fa (11 settembre): all’età di 85 anni: è deceduto all’ospedale di Pisa, dove era ricoverato nel reparto di cardiologia.
La sua carriera iniziò come assistente universitario nel 1973; promosso professore associato nel 1980, dal 2002 professore fu di paleoantropologia al dipartimento di Scienze Archeologiche di Pisa ; ma insegnò con contratti anche in altri atenei quali Agrigento, Siena e presso la prestigiosa Scuola Archeologica Italiana di Atene. È stato poi direttore scientifico del Museo di archeologia e dell’uomo «Blanc» di Viareggio. Numerose le sue pubblicazioni: alcuni libri sui suoi studi e scoperte, come Neandertaliani. Comparsa e scomparsa di una specie”, “Memorie dal sottosuolo e dintorni. Metodologie per un recupero e trattamenti adeguati dei resti umani erratici e da sepolture” ed “Il conte Ugolino di Donoratico tra antropologia e storia, più oltre 370 pubblicazioni sulle migliori riviste scientifiche italiane e straniere. Ma le sue opere più famose, quelle che facevano del paleoantropologo pisano un personaggio davvero unico al mondo erano le sue “ricostruzioni” dei volti dei grandi; e che grandi! Stiamo parlando infatti di Giotto, l’imperatore Enrico VII, il Conte Ugolino della Gherardesca, Pico della Mirandola e il più celebre di tutti, Dante Alighieri; e tanti altri. L’inizio a 32 anni, con la ricostruzione di due antichi romani, “anonimi” personaggi di Volterra; per poi appunto passare alle celebrità, laiche e ecclesiastiche.
Chi scrive ha avuto occasione di conoscere e frequentare per un certo periodo il professor Mallegni: a partire dal giugno 2011, quando venne a Firenze per un progetto che prevedeva l’esumazione e lo studio dei resti di Agnolo Poliziano e Pico della Mirandola, e portò alla ricostruzione del volto del secondo. Il sistema usato fu il cosiddetto “metodo di Manchester”, che permette uno studio minuzioso delle superfici ossee e delle inserzioni muscolari. Un metodo migliore di quello ottenuto tramite computer che realizza invece volti finali troppo standardizzati e privi di espressione.
Le sue indagini portarono in alcuni casi a risultati straordinari: studiando i resti di Ugolino e dei suoi poté infatti smentire la “leggenda nera” del cannibalismo del conte sui corpi dei propri figli. Altre volte i risultati erano meno clamorosi, ma non per questo meno interessanti. Così per esempio il professore si esprimeva a proposito di quello che poteva rivelare lo studio degli scheletri: “Sicuramente, nel caso ad esempio di Dante, non può raccontarci come ha composto la Divina Commedia. Ma che cavalcava abitualmente, ad esempio, sì. Il lavoro, gli strapazzi, le malattie, lasciano dei segni inconfondibili che, a volte, vanno anche a colmare delle lacune e dei vuoti della storia. Nel caso di un santo, poi, le ossa certo non lampeggiano… lo dico con affetto e rispetto di credente cattolico. Sui resti di Sant’Antonio c’era però la prova della sua morte volontaria per inedia…”[2]
Un tratto del professore che qui emerge era la sua bonaria e simpatica ironia, oltre alla straordinaria semplicità ed affabilità che usava sempre nei confronti di tutti. Grande comunicatore, era in grado di spiegare argomenti di notevole complessità con straordinaria chiarezza, coinvolgendo e affascinando anche il pubblico non specialista. Come docente, è stato molto ammirato ed amato dai suoi studenti, come ricorda un comunicato dell’ateneo pisano, che mette in risalto anche come il professore sia riuscito a “avvicinare il grande pubblico ad una materia – la paleoantropologia – altrimenti riservata a pochi addetti ai lavori.” [3]
La Toscana e l’Italia hanno perso non solo un personaggio che era sicuramente un’eccellenza a livello internazionale, ma anche un uomo di grande bontà e generosità, che ha sicuramente lasciato un segno profondo in tutti coloro che hanno avuto il privilegio di incontrarlo.
[1] Edoardo BENELLI, intervista a Francesco Mallegni, https://www.leomagazineofficial.it/2021/05/02/le-interviste-del-leo-43-francesco-mallegni-il-paleoantropologo-di-fama-internazionale-che-ricostruisce-il-volto-dei-grandi-del-passato/?fbclid=IwY2xjawMyZMpleHRuA2FlbQIxMQABHkyVGpv7BUt5NJ6C-Q4vGbnrycSqpwrj41jqR6h5rapUUWHbvWtu7c48f4AE_aem_Ol_WDr4b_oNwzAnr9aFTyw
[2] Domenico DEL NERO, “Ricostruirò il volto di San Francesco” in Il Giornale della Toscana, Firenze, 19 giugno 2011.
[3] https://www.unipi.it/news/ateneo-in-lutto-per-la-scomparsa-del-professore-mallegni/