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LUCREZIA BORGIA: dal Rinascimento al secondo dopoguerra. Al Maggio Musicale torna l’opera di Donizetti.

Giampaolo Bisanti alla direzione d'orchestra, Jessica Pratt nel ruolo del titolo. Il regista Andrea Bernard: "In una Roma ambigua, intrisa di penitenza, corruzione e fervore politico si muovono prelati, aristocratici e giovani idealisti che anticipano la società della Dolce Vita"

di Domenico Del Nero
3 Novembre 2025
In Cultura
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LUCREZIA BORGIA: dal Rinascimento al secondo dopoguerra. Al Maggio Musicale torna l’opera di Donizetti.

Foto di scena (Michele Monasta, uffico stampa MMF)

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Un tè con Lucrezia Borgia? Molto poco probabile da un punto di vista storico, ma anche … poco raccomandabile, almeno a dar retta a certe leggende nere che però, a partire almeno da Semiramide e Cleopatra, sono sempre in agguato quando si tratta di personaggi femminili. E il teatro d’opera non è da meno; come già l’imperatrice di molte favelle non fa una gran figura nel dramma rossiniano, anche la Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti, tratta dall’omonimo dramma di Victor Hugo ha dei tratti che la rendono simile al fratello, il famigerato e spietato Cesare (o duca Valentino); ma anche un amore materno che almeno per certi aspetti finisce col riscattarla.

Se da un punto di vista storico la vicenda e la caratterizzazione di Lucrezia sono quantomeno improbabili, dal punto di vista dello spettacolo sono invece molto invitanti. E così l’opera di Donizetti su testo di Felice Romani, rappresentata per la prima volta alla Scala nel 1833 (ma rivista in due versioni successive) approda al teatro del Maggio Musicale Fiorentino: prima rappresentazione domenica 9 novembre alle ore 17; altre tre recite sono programmate l’11 e il 14 novembre alle ore 20 e il 16 novembre alle ore 15:30. Se Lucrezia era duchessa di Ferrara,  nel ruolo del titolo abbiamo una regina del belcanto:  Jessica Pratt, che interpreta per la prima volta l’affascinante e enigmatica figlia di Rodrigo Borgia (alias papa Alessandro VI). Con lei altri nomi di tutto rispetto: Laura Verrecchia nei panni maschili di Maffio Orsini, Mirco Palazzi è Alfonso I d’Este; René Barbera è Gennaro.  Daniele Falcone è Jeppo Liverotto, don Apostolo Gazella è interpretato da Gonzalo Godoy Sepúlveda; Davide Sodini veste i panni di Ascanio Petrucci; Yaozhou Hou è Oloferno Vitellozzo; Mattia Denti è Gubetta e Antonio Mandrillo è Rustighello. Chiudono il cast, rispettivamente nei panni di Astolfo e di Un corriere, Huigang Liu e Dielli Hoxha.

Sul podio il maestro Giampaolo Bisanti, la regia dello spettacolo è affidata ad Andrea Bernard. Le scene sono di Alberto Beltrame; i costumi sono di Elena Beccaro e luci sono curate da Marco Alba. Il maestro del Coro è Lorenzo Fratini.

In occasione della conferenza stampa per la presentazione dello spettacolo (venerdì 31 ottobre u.s.) il responsabile dell’ufficio stampa Paolo Klun ha ricordato come è stato proprio il teatro del Maggio a dare nuova vita al titolo donizettiano, con la storica edizione del 1933 diretta da Gino Marinuzzi e anche con quella successiva del 1979, diretta da Gabriele Ferro con Katia Ricciarelli e Leyla Gencer che si alternavano nel ruolo del titolo. Il sovrintendente Carlo Fuortes, ricordando come Lucrezia sia dopo Norma il secondo titolo di belcanto di questa stagione, ha parlato di un progetto belcantistico che, dopo una pausa nel 2026 col belcanto ma non con Jessica Pratt, che canterà nel capolavoro di Offenbach I Racconti di Hoffmann, riprenderà negli anni successivi, con titoli che ancora non si possono anticipare. Il sovrintendente ha ricordato come anche le due precedenti edizioni abbiano avuto un grande cast; anche per questa terza occasione è stata data a quest’opera eccezionale un cast di grande livello, adottando l’edizione critica: grande importanza dunque e grande impegno sia dal punto di vista musicale che scenico.

“La versione che proporremo in questa produzione è decisamente particolare” ha sottolineato il maestro Bisanti parlando della messinscena “ossia verrà messo in scena uno spettacolo che include tutte le modifiche e le correzioni che Donizetti fece nel corso del tempo, nonché i tre finali alternativi dell’opera. Durante il prologo eseguiremo l’aria Com’è bello di Lucrezia e poi ‘attacchiamo’ la celebre cabaletta Si voli il primo a cogliere che dunque si lega alla versione dell’opera del 1840, quella di Parigi. Nel finale del II atto, invece, faremo la versione di Londra (del 1839) la quale prevede la romanza di Gennaro Madre, se ognor lontano.  Lucrezia è un’opera che musicalmente – all’epoca della sua composizione – sperimentò molto quello che poi si sentirà nei decenni successivi, nonostante l’ostracismo della critica di allora che sottolineò l’assenza di arie soliste al suo interno. Parlando dell’aspetto narrativo si può apprezzare il lavoro notevole fatto da Donizetti e da Felice Romani: Lucrezia è infatti una donna ambiziosa e truce ma ciò che comunque traspare è l’amore che essa ha nei confronti del figlio nel corso dello sviluppo della vicenda. Un altro aspetto importante è senz’altro la dicotomia tragico-comica che pervade la storia; una dicotomia che risalta nella scena del brindisi o in quelle con protagonista Maffio Orsini, il personaggio en travesti dell’opera.

Da un punto di vista orchestrale posso affermare che non andiamo incontro a particolari difficoltà tecniche; è un’opera in cui l’orchestra è sempre presente e sostiene in modo pulito il canto e i suoi sviluppi. Quello che risulta complesso, in questo tipo di repertorio, è trovare le giuste logiche e il giusto impianto drammaturgico nel rigore ritmico”.

 

Parlando della sua visione dell’opera, Andrea Bernard ha commentato la sua scelta di ambientarla in un periodo che ha segnato in modo profondo la storia italiana, ossia il secondo dopoguerra.  Lo spazio scenico è concepito come un ‘labirinto mentale’ dove la mente di Lucrezia si smarrisce tra potere e desiderio, tra colpa e amore.  Per la prima volta al Teatro del Maggio Musicale si utilizza il palco girevole, un elemento che permette di restituire la velocità dell’opera di Donizetti: “Ho scelto di raccontare Lucrezia Borgia collocandola in un periodo che ha profondamente segnato la nostra generazione e che, sul piano politico e morale, ha gettato le basi dell’Italia in cui viviamo oggi: il dopoguerra, tra la fine degli anni ‘40 e l’inizio degli anni ‘50.  Un tempo sospeso tra la voglia di rinascere e la paura di cambiare, in cui la fede si intreccia alla politica e il potere si traveste da morale. È l’epoca dell’accentramento del potere di Pio XII e della nascita della Democrazia Cristiana, un tempo in cui la Chiesa pone l’umanità di fronte a un bivio morale – “o con Dio, o contro Dio” – mentre una nuova intellettualità, disillusa dalle ferite della guerra, cerca un linguaggio capace di interpretare il futuro”. I riferimenti cinematografici – da C’eravamo tanto amati di Ettore Scola a Todo modo di Elio Petri – diventano coordinate estetiche per un racconto in cui la storia personale di Lucrezia si intreccia con quella collettiva di un Paese in cerca di identità”.

Victor Hugo, rappresentando nel febbraio  1833 un dramma sulla figlia di Alessandro VI divenuta duchessa di Ferrara, aveva composto una torbida vicenda di amore e di morte secondo il gusto romantico dell’epoca. Ma Donizetti, tramite il libretto di Felice Romani, evitò di sottolineare i toni più cupi e più truculenti del dramma, accentuando più il lato materno che non quello … demoniaco della protagonista, che comunque non viene del tutto obliterato. Lucrezia Borgia, donna spietata nella gestione del potere e pronta a eliminare ogni suo nemico, ritrova il figlio segreto Gennaro che ha dovuto abbandonare in tenera età. Il giovane, ignaro della verità, si sente attratto da quella nobildonna mascherata, fino a quando gli amici ne rivelano l’identità strappandole la maschera e oltraggiandola pubblicamente. Da quel momento si innesca una serie di eventi sempre più drammatici che porteranno all’avvelenamento della brigata di amici di Gennaro, lui stesso compreso. Solo alla fine dell’opera, nel corso di un duetto pieno di pathos, il giovane scoprirà di essere il figlio della tanto odiata Lucrezia.

In Lucrezia Borgia, Donizetti forgiò musicalmente la figura di una donna assai complessa e dalla doppia personalità. Il ruolo della protagonista, tanto spietata con i nemici quanto amorevole con il figlio segreto, richiede infatti un’interprete dotata di maestria vocale unita a grande personalità drammatica.

 

LUCREZIA BORGIA

Melodramma in un prologo e due atti di Felice Romani

Musica di Gaetano Donizetti 

Edizione critica a cura di Roger Parker e Rosie Ward.

Ricordi/Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo.

Rappresentante per l’Italia: Casa Ricordi Srl, Milano.

—Maestro concertatore e direttore Giampaolo Bisanti

Regia Andrea Bernard

 

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

 

Scene Alberto Beltrame

Costumi Elena Beccaro

Luci e video Marco Alba

 

Don Alfonso, Duca di Ferrara Mirco Palazzi

Donna Lucrezia Borgia Jessica Pratt

Gennaro René Barbera

Maffio Orsini Laura Verrecchia

Jeppo Liverotto Daniele Falcone

Don Apostolo Gazella Gonzalo Godoy Sepúlveda

Ascanio Petrucci Davide Sodini

Oloferno Vitellozzo Yaozhou Hou

Gubetta Mattia Denti

Rustighello Antonio Mandrillo

Astolfo Huigang Liu

Un coppiere Dielli Hoxha

 Figuranti speciali

Roberto Andrioli, Andrea Bassi, Francesca Cellini, Maria Novella Della Martira, Maria Caterina Frani, Teodora Fornari, Enrico L’Abbate, Alexev Mustvatse, Francesco Pacelli, Leonardo Paoli Roberta Raimondi, Sara Silli

Bambini

Ada Nannucci, Giovanni Orlando, Camilla Parenti

 

 

Tags: Andrea BernardCarlo FuortesGaetano DonizettiGianpaolo BisantiIN EVIDENZAJessica PrattLucrezia BorgiaMAGGIO MUSICALE FIORENTINO
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