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Home Cultura

Passato e presente della formazione delle classi dirigenti

di Riccardo Innocenti
3 Settembre 2025
In Cultura
0
ROMA
26
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Passato e presente della formazione delle classi dirigenti

Senza voler essere nostalgici, appare abbastanza evidente come la qualità media dei ceti dirigenti, economici, politici, docenti, artistici, si sia notevolmente abbassata negli ultimi anni.

C’è chi dice che questo abbassamento sia conseguenza della, o comunque concomitante con la, diffusione dell’informazione online e dell’affermazione dei social, sempre più sincopati e pervasivi

D’altra parte, occorre ancora tenere presente la tendenza persistente delle nuove generazioni a modificare punti di vista e assetti, non sempre in continuità, e nemmeno in congruità, con il passato.

Comunque, alcune riflessioni vanno fatte, per cercare di interpretare il nostro mondo, tenendo presente che il passato non torna mai e che il futuro non sarà mai come ce lo immaginiamo (e tanto meno come lo auspichiamo), essendo la complessità e la indeterminatezza le caratteristiche del vivere sociale. Ogni società esprime uno o più ceti dirigenti, in funzione della sua differenziazione e segmentazione, la cui qualità è direttamente proporzionale alla qualità delle popolazioni che li esprimono.

Non si studia più come una volta, non si ha un quadro completo del passato e dell’evoluzione delle determinanti storiche, mancando la conoscenza pura e semplice di molti fatti e anche la loro collocazione lungo la dimensione temporale. Il rifiuto del nozionismo storico si è risolto nella mancanza di nozioni elementari e quindi nella impossibilità di accedere a modelli complessi di interpretazione sia storica, sia fattuale, sia nel tempo presente

Si sottovalutano tutti i metodi scientifici, preferendo sostituirli con generici e improbabili principi, naturali, di precauzione, morali, spesso dettati da passaparola incontrollati, false attestazioni, equivoci interessati. La verifica sperimentale degli assunti, il controllo dei fattori costitutivi, la possibilità di errore sono considerati superflui, considerando la opportunità di determinate scelte solo in base alle scarse conoscenze di cui si è in possesso, più che altro sussidiate dalle credenze, quando addirittura non dalle superstizioni.

Strettamente correlato all’atteggiamento di rifiuto dei metodi scientifici, è il rifiuto dei processi di selezione, impliciti o espliciti, sociali o naturali. Riassunta dalla formula tutto è dovuto, questa propensione evita sia i processi di valutazione che altri possono attivare sulle nostre azioni o sulle nostre prestazioni (scuola), sia le conseguenze nefaste di nostri errori che non vengono ammessi (guida), sia la possibilità di crisi della salute (malattia), sia addirittura talvolta il confronto intrinseco all’attività sportiva, anche quando non agonistica

Pur rifiutandosi di valorizzare le tradizioni o l’esperienza di generazioni precedenti, si ha una spiccata ritrosia verso il nuovo, salvo vederselo entrare in tasca o in salotto senza avere le categorie per conoscerlo e interpretarlo. I fenomeni tecnologici, le mode, le devianze irrompono nell’esperienza quotidiana senza che si abbiano gli strumenti per coglierne le determinanti, o interpretare i significati meno evidenti, o calcolare le probabilità di diverse conseguenze. Abbiamo una irresistibile tendenza a semplificare la complessità, fino a snaturarla, senza peraltro intravederne i fattori.

Il concetto stesso di dinamiche sociali sfugge ai più, non essendo diffusa la capacità di astrarre il proprio sé e di vederne facce diverse da quella individuabile allo specchio. Il proprio agire nel contesto sociale sembra ineluttabile, non ne sono considerate le determinanti strutturali, così come non lo sono per altri soggetti della medesima scena. Se ricorre qualche evidenza causale al più è interpretata come derivata di un supposto principio morale

Sempre al rifiuto del metodo scientifico può essere ricondotto il ricorso alla religione, che è più pervasiva che in passato, non fenomeno di fede ma punto di riferimento consolatorio e assolutorio per ogni cosa che si preferisce non capire.

L’incapacità di relativizzare, che è un metodo per capire, lascia frequentemente spazio ad affermazioni e concezioni apodittiche, nella migliore delle ipotesi basate sull’esperienza ristretta personale, più spesso orecchiate da qualche parte

La semantica delle parole non è sufficientemente univoca. Quando in una conversazione o in uno scritto si enuncia un termine non si è sicuri che i nostri interlocutori gli attribuiscano lo stesso significato. Del resto lo studio della lingua costa fatica, le regole grammaticali e sintattiche, per quanto sia loro concesso di evolversi nel tempo, sono sempre più difficili da applicare, mentre il loro uso e ci renderebbe impossibile dire sciocchezze in libertà.

Le tendenze e i comportamenti anomici prevalgono sui vincoli sociali, peraltro non univoci e non riconosciuti come tali. La violazione pressoché sistematica delle regole finora accettate impedisce la formazione di nuove consuetudini, che non siano quelle assolute della nostra visione. Una morale fatta in casa viene spacciata per normalità tradizionale

La politica, o meglio i ceti dirigenti politici, indipendentemente dagli orientamenti o dagli schieramenti, risentono in massima parte di questi fattori distintivi e dei processi che li determinano. Anche per questo è difficile cogliere differenze significative tra un partito o un movimento o un altro.

Ciascuno di questi riterrà di essere migliore degli altri, spesso con qualche complesso di superiorità. Invece, le eccellenze, o quanto meo le migliori espressioni, vanno cercate nei singoli rari individui, nel loro sapersi elevare rispetto a mediocrità diffuse e limiti intrinseci all’ambiente di sviluppo

Il giudizio su quali individui rispondano a questi requisiti è ancora una volta soggettivo, e non è facile uscire da un loop poco virtuoso.

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