DILETTANTI COSTITUZIONALISTI ALLO SBARAGLIO
In questi giorni Elly Schlein, segretario del PD, si è scagliata contro la scelta di Fratelli d’Italia (poi seguita da Forza Italia) di invitare all’astensione gli elettori in occasione dei prossimi referendum abrogativi, arrivando addirittura a parlare di tradimento dei valori della Carta Costituzionale.
Ma è davvero così? Siamo di fronte all’ennesima apocalisse valoriale come vuol far credere la leader del PD o la realtà è diversa e un tantino meno drammatica?
È evidente anche a uno studente del primo anno di Giurisprudenza che quanto sostiene a ranghi serrati la sinistra italiana è una sciocchezza di dimensioni colossali. All’esame di diritto pubblico, sarebbero stati tutti quanti rimandati alla successiva sessione e invitati a studiare meglio.
L’art. 75 della Costituzione prevede espressamente che per la validità della consultazione sia necessario raggiungere il quorum del 50% degli aventi diritto. Quindi, intanto siamo nel pieno perimetro della lettera costituzionale
Ma anche sul piano dei valori, la norma ha un suo perché, che stranamente non piace alla sinistra capace di vedere fascismo ovunque salvo dove sue possibili manifestazioni sono state prevenute.
I Padri costituenti, nella loro saggezza, stabilirono questa regola per ammortizzare il pericolo che una deriva plebiscitaria potesse vanificare l’opera dell’organo legislativo. Se qualunque legge approvata dal Parlamento poteva essere abrogata per mezzo del voto popolare, l’instabilità normativa avrebbe certamente generato una insoportabile confusione nell’equilibrio costituzionale.
Si paventava – in modo peraltro assai visionario – il rischio di una sorta di populismo “ante litteram” che, attraverso l’uso sconsiderato del consenso popolare, potesse turbare la filosofia di fondo della democrazia rappresentativa (in opposizione a quella diretta, di cui il referendum abrogativo è un retaggio)
Nella storia del costituzionalismo moderno la distinzione e persino la contrapposizione fra democrazia delegata e democrazia diretta è una “mile stone” per la dottrina e la filosofia del diritto.
Essa ha a che fare con i limiti alla sovranità popolare che costituisce il nerbo dell’art. 1 Cost. La sovranità non può significare arbitrio che conduce all’anarchia. Perciò, essa viene esercitata nei limiti e con le forme previste dalla legge. Ecco, perchè i padri costituenti adottarono un modello ibrido in cui il sistema rappresentativo poteva essere derogato mediante istituti di legiferazione popolare, fra cui appunto – a contrario – il referendum abrogativo, purché fossero previsti opportuni bilanciamenti.
La richiesta del quorum è esattamente uno di questi meccanismi di bilanciamento per cui si richiede che la richiesta di abrogazione di una legge sia assistita da una partecipazione popolare di una certa qual entità quantitativa
Detto in altre parole, una sparuta minoranza popolare non può vanificare l’opera del legislatore. Altrimenti la democrazia è a rischio
Come si può vedere, dunque, da questa sintetica esposizione, il mancato raggiungimento del quorum è un meccanismo a garanzia della democrazia rappresentativa che si esprime in Italia con un favor specifico per il parlamento (in esso favor giace il principio fondativo della nostra forma di governo).
A proposito di fascismo, forse Elly Schelin si stupirebbe a sapere che tali meccanismi di argine alla volontà popolare sono nati proprio in contrapposizione con la deriva plebiscitaria che il fascismo portò con sé, attravetso una connessione
emozionale tra il popolo e il leader. Per evitare ripetizioni storiche di capi forti e fortemente appoggiati dal popolo, nella Carta compare questo, (oltre ad altri) bilnaciamento.
È la Costituzione, bellezza! Si potrebbe parafrasare Umberto Eco
Pertanto, la scelta di far mancare il quorum è tutt’altro che un tradimento dei valori costituzionali, ma al contrario, ne rafforza l’essenza in favore della capacità legislativa del Parlamento.
Potrà non piacere ai nuovi tribuni della sinistra, ma è così. Se ne faranno una ragione i vari Conte e Landini, magari profondendo impegno a convincere le masse ad andare a votare, piuttosto che cianciare su valori costituzionali di cui evidentemente si ignora la conformazione precisa
D’altra parte, nel 2003 i DS (i padri dell’attuale PD) non si fecero scrupoli a invocare l’astensionismo al referendum abrogativo promosso da Rifondazione Comunista avente ad oggetto l’abrogazione della norma che stabiliva limiti numerici per la reintegra a seguito di licenziamento ingiusto.
Siamo nella materia del diritto del lavoro, esattamente come quella oggetto di alcuni dei prossimi referendum del 8-9 Giugno
Ma se oggi l’astensione è espressione del tradimento dei valori della carta, allora invece era legittimo far mancare il quorum? Evidentemente per la sinistra si.
Tutto ciò assomiglia molto a una strumentalizzazione, per cui, a seconda della convenienza politica uno strumento costituzionale diventa giusto o sbagliato.
Un’evidente forzatura che, seppur comprensibile sul piano della propaganda non può certo esondare dal piano dell’ideologia pura e semplice.
Nel 2016, sul referendum promosso in materia di estrazione di idrocarburi, persino Giorgio Napolitano ebbe a dire che “Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”
Lineare e lapalissiano ragionamento allora, oggi invece diventa addirittura “un fatto gravissimo: il segnale di una profonda cultura antidemocratica” (come ha dichiarato Arturo Scotto, capogruppo PD in Commissione Lavoro). Tesi, quella di Scotto, ripetesi, condivisa sostenuta e rumorosamente appoggiata da tutta la sinistra (Movimento 5 Stelle compreso).
Davvero curioso questo modo di interpretare la democrazia da parte della sinistra che, a ben vedere, riflette il consueto schema di riferimento: se si è d’accordo con quanto porta avanti la stessa sinistra, si è democratici, in caso contrario, si è espressione di una cultura illiberale, antidemocratica e, perchè no?, fascista (tanto il nero sta bene su tutto!)
Peccato che l’evidenza costituzionale smentisca palesemente questa ricostruzione
Quindi, invocare all’astensione non solo è un diritto che si traduce in uno strumento politico finalizzato al fallimento del referendum, ma – sia consentito dirlo – nel caso di specie, è persino un dovere!
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