ELITE SI’, MA QUALE ELITE?
Lo ammetto, da conservatore convinto, sono a favore delle elites. Credo che la politica e in generale la vita di nazioni e popoli sono sempre state e debbono essere guidate da elites.
Non vi è nulla di antidemocratico in ciò, ma semplicemente la presa d’atto che le cose funzionano se ci sono delle avanguardie che siano in grado di essere visionari circa ciò che le comunità nazionali debbono ambire a essere
Insomma, c’è bisogno di qualcuno che guidi le persone verso un futuro che non si limiti ad amministrare l’esistente.
La storia dell’umanità, a pensarci bene, è caratterizzata da questo tipo di dinamica, quale che siano le forme di governo che nel tempo si sono succedute nelle varie nazioni.
In Occidente siamo passati dall’Impero Romano, al Sacro Romano Impero con elites ben specifiche e con caratteristiche altrettanto ben visibili, a processi rivoluzionari che dalla Francia, agli USA e persino alla Russia hanno visto emergere nuove elites in sostituzione delle vecchie.
La cosa che ha caratterizzato questi periodi, lunghi secoli di grandissimi cambiamenti, è che le avanguardie erano ispirate da valori etici che si coniugavano a una visione spirituale dell’esistente che giustificava “la materia” in funzione dello Spirito e dei suoi fini
L’elite poteva essere sacerdotale, o rappresentare l’aristocrazia guerriera ma sempre e comunque era legata a un elemento trascendente che direzionava l’azione. Persino gli illuministi durante la Rivoluzione Francese, erano tutt’altro che atei. Seppur molto diversi fra loro dunque questi gruppi di potere mantenevano salda una visione del mondo saldamente ancorata a dei valori di riferimento che ne andavano a costituire il substrato etico e solo dopo pratico.
Il problema oggi è che non esistono delle elites di tal genere
L’avvento dei sistemi democratici e un sempre maggior peso dell’economia rispetto agli altri campi del sapere e dell’azione ha mutato profondamente la fisionomia delle classi dominanti. Il focus essenziale non era più nello Spirito, ma saldamente ancorato alla materia. Le società sono diventate padrone dello spazio, e aliene al tempo. Il consenso non è stato più di natura qualitativa ma meramente quantitativa.
Attraverso mezzi di comunicazione sempre più capillari e invasivi, dalla radio ai social network, il percorso di modellamento dell’opinione comune, è divenuto sempre più appannaggio di chi detiene il monopolio o gli oligopoli dell’informazione
L’espressione del voto – unico retaggio di valori autenticamente democratici – è apparentemente libera, ma in realtà è condizionata e direzionata da un sistema che vede coinvolti diversi centri di potere, nazionale e soprattutto sovranazionale.
Nel processo di formazione dell’elite tutto ciò che ne costituiva la parte difficile, gli studi, la ricerca della conoscenza, il possesso di certe chiavi sapienziali, sono stati progressivamente sostituiti o nel migliore dei casi integrati dalla possibilità di disporre di ingenti capitali atti a essere utilizzati in modo funzionale a ben precisi obiettivi di condizionamento
Ed è un condizionamento che non sempre, anzi quasi mai, avviene per fare l’interesse dei popoli e delle nazioni. E’ sovente invece un meccanismo di autoconservazione di quelle stesse classi ormai solo economiche che mirano a perpetuare i propri privilegi e se possibile, ad aumentarli.
Si è perso il legame col trascendente e da questo puntoi di vista il liberalismo classico e il marxismo sono figli del medesimo male. Il materialismo inteso come predominio del terreno sul celeste. Cambiano i rapporti di forza, ma non l’orizzonte di riferimento.
La denominazione esclusivamente economica della nuova elite globalista che governa i tempi moderni da almeno 300 anni, ha modificato radicalmente i tratti della società fino a renderla sempre più priva di tratti identitari e riconoscibili
Tipico esempio di ciò è l’Unione Europea. Un sistema sempre più lontano dal popolo e dalle sue sensibilità che diventa un organismo elefantiaco di autoperpetrate caste più o meno ad essa collegate.
Un’UE che ha fatto le proprie fortune grazie esclusivamente ai parametri economici su cui si è costuita sin dalla loro fondazione, ben poco attenta invece a processi di integrazione politica e sociale che avrebbe comportato magari tempi più lunghi, ma una connessione sentimentale (per usare la terminologia gramsciana) con il popolo più profonda così da renderla avanguardia culturale e valoriale e non, come oggi accade, banale “dittatura” economica e burocratica.
Volete un esempio concreto di quello che sto dicendo?
La Germania. Da anni, anzi da decenni, sotto la guida di Angela Merkel la Germania ha utilizzato l’Europa per nutrire e coltivare – assieme alla Francia – ben precisi ed autoreferenziali interessi con buona pace degli altri paesi,la cui unica scelta era aderire al modello franco-tedesco o soccombere. Il tutto con la complicità connivente di istituzioni che dovevano essere super partes e che invece si sono rivelate assai inadeguate.
Le facce sorridenti di Merkel e Sarkozy che furono preludio al golpe finanziario che ha fatto cadere il Governo Berlusconi nel 2011 ne sono solo l’immagine evidente e manifesta ma esiste un sostrato più sotterraneo e persino infido, che ha sempre consentito alle elites europee di prescindere dal consenso popolare ma di invadere sempre più la sfera d’azione di ognuno di noi.
Questo sistema non solo europeo ma mondiale ha partorito la entusiastica globalizzazione economica prima, e poi le varie teorie che oggi caratterizzano il progressimo occidentale. Dal woke alla (non casuale) cancel culture, all’ambientalismo ideologico e via discorrendo
Tutto questo però non ha fatto i conti con il secondo mandato di Donald Trump quale presidente degli Stati Uniti d’America. La politica economica protezionista di Trump fatta di dazi, reali o minacciati, segna l’inizio della fine della globalizzazione mondialista su cui queste presunte elites – europee e non – hanno costruito la loro fortuna a danno dei popoli.
Oggi questi popoli ritrovano un vigore nuovo utilizzando in modo evidente lo strumento principe nelle democrazie, il voto, che non a caso viene incardinato sempre più verso formazioni politiche assai scettiche su questo tipo di Europa (quando non proprio antieuropeiste)
È successo in Francia, è successo in Belgio, è successo in Germania e, sotto certi aspetti, anche in Italia. NOn sempre questo voto è stato sufficiente a determinare nuovi scenari governativi, ma sicuramente ha garantito e garantisce una mobilità di pensiero che è utile a uscire dalla dittatura del pensiero unico progressista che appoggia l’ancien regime europeo e mondiale.
E come reagisce questo ancien regime?
In modo retrivo, animale, usando l’istinto di sopravvivenza come una bestia ferita. I corpi intermedi si muovono a tutela dell’apparato, per colpire questo o quel partito che ha la colpa di andare oltre gli schemi precostituiti. Ed ecco che si colpisce la Le Pen o Georgescu. Ed ecco che si colpisce Salvini visto che Meloni è inattaccabile.
Insomma, invece di fare una seria autocritica e modificare ciò che nelle loro strategie non ha evidentemente funzionato, questi parvenu attaccano a spron battuto gli avversari dipingendo scenari autoriari o rischi per la democrazia tout cout trovando la complice sponda della sinistra mondialista
Una sorta di false flag ideologica che svela dela debolezza di questa casta di eunuchi solo in parte compensata dal dominio sui gangli vitali della società.
Oggi che il mondo è attraversato da crisi profonde che trovano la loro esplicazione in conflitti sempre più numerosi e terrificanti, possiamo verificare quanto le elites tecnocratiche siano del tutto inadeguate a gestire complessi problemi che non riguardano – marxianamente – la struttura, ma investono a pieno titolo la sovrastruttura.
Modelli culturali, ideali, persino giuridici si scontrano e si confrontano e i risvolti commerciali sono probabiulmente solo una parte del tema, ma non lo esauriscono.
D’altra parte l’impostazione
esclusivamente capitalistica delle nuove elite più o meno diversamente marxiste non è in grado di dare risposte alle nuove esigenze. Infatti, il voto popolare verso quelle formazioni che con una certa superficialità definiamo di estrema destra, stanno a significare anche bisogni diversi. Certo c’è il fallimento della globalizzazione economica che ha avuto l’effetto di arricchire i paesi diversi da quelli occidentali con un drastico impoverimento dei popoli euro-atlantici, ma c’è anche la volontà di recuperare un’identità perduta nel mare magno di una contaminazione culturale predatoria.
Una immigrazione di massa che non lascia spazio all’integrazione lenta e progressiva ma diventa scontro di civiltà che pregiudica la sicurezza personale e patrimoniale dei cittadini è lo specchio di questa difficoltà
Ma c’è sopratutto bisogno di avere risposta alla domanda – individuale e collettiva assieme – su chi siamo veramente! Quale è il nostro retaggio e cosa ne resta.
Da questo punto di vista, se oggi guardiamo al mondo europeo e, più in generale, occidentale, non possiamo che constatarne il fallimento. Ma da tale lezione dovremmo imparare la necessità di mutare rotta, cambiare indirizzo e recuperare quei valori che sono a fondamento dell’Occidente.
Servirebbe dunque restaurarne l’identità dialetica ripristinando quella forza culturale che, seppur fra mille contraddizioni, ha dato linfa vitale al mondo per tanti secoli.
Insomma, servono nuove elites, che assomiglino un po’più alle vecchie, costituite da forza e tempra morale. Una forza che sia al tempo stesso garanzia di sicurezza ma anche nobiltà di spirito, radicamento in un orizzonte valoriale verticale che trae dalla spiritualità la propria vitalità. Mancano tanto quelle vecchie elites per cui il “demone dell’economia” era a servizio di valori più alti, in un certo senso trascendenti
Non religiosi in senso confessionale, ma rifacentesi a un principio superiore di natura metafisica.
Insomma, in una socità sempre più materiale e materialistica manca il nerbo spirituale che dà senso a tutto ciò che sappiamo e andiamo via via scoprendo. Sappiamo fare tutto, ma non sappiamo perchè lo facciamo!
Se non correggiamo la rotta, l’Occidente è destinato a soccombere rispetto a civilità con identità più forti, meglio marcate e dotate di un’aggressitività che abbiamo dimenticato da tempo
Ma se aveva ragione Pareto, in tema di sostituzione delle elites, il tempo è ormai segnato. E chi aspira a prendere il posto delle vecchie caste, non dovrà certo essere rozzo e brutale nè pensare di offrire soluzioni semplici a problemi complessi. La posta in gioco è altissima e se davvero qualcuno vuole modificare il modello occidentale non può consentirsi errori e superficialità nè tantomeno inutili e sterili estremismi.
Ne va della vita di ciascuno di noi
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