Israele e la sindrome ossessiva degli Amaleciti
I mitici Amaleciti sono menzionati dalle scritture e soprattutto dalla Torah, scritti che altro non sarebbero che i primi cinque libri della Bibbia ebraica, quella che raggruppa i testi riguardanti Mosè. Gli Amaleciti sarebbero i discendenti di Amalek, analogamente ai Camiti, i discendenti di Cam, o i Cananei, i discendenti di Canaan. È solo uno fra gli innumerevoli popoli menzionati dai testi sacri che compongono anche l’Antico Testamento. Sappiamo che queste genti, come molti popoli del deserto, erano semi-nomadi e si aggiravano nei paraggi delle terre corrispondenti alla Palestina meridionale, nei pressi del Sinai e non troppo lontano da Gaza. I testi narrano che i seguaci di Mosè, al momento della fuga dall’Egitto, ebbero degli scontri con alcune tribù, durante il lungo viaggio, con popoli che in seguito qualcuno ha identificato, appunto, con quelle genti che altro non sarebbero stati che i discendenti del mitico Amalek. Questi fatti risalirebbero a più di 3000 anni fa. Sappiamo che possiamo trovare nei testi biblici, dei passi con descrizioni molto crude, forse perché rispecchiano la mentalità di popolazioni semi-nomadi vissute molte migliaia di anni fa in Medio Oriente. Infatti quando si parla della reazione di Mosè a questi scontri, sentiamo parole che ci lasciano sconcertati. Leggiamo, a proposito del comportamento che avrebbe avuto un iroso Mosè, descritto dalle scritture: “Egli ricorse allo sterminio di donne e di bambini e pensava di non agire a questo riguardo in maniera barbara e inumana: innanzitutto perché gli Amaleciti erano nemici che l’avevano minacciato e, in secondo luogo, perché aveva avuto un comando da parte dì Dio che era pericoloso disattendere”. Troviamo scritto anche che Mosè avrebbe addirittura detto al popolo di Israele: “Ricorda cosa ti ha fatto Amalek quando uscivi dall’Egitto”. Il comando di Dio sarebbe stato, a sentire ciò che qualche sacerdote avrebbe trascritto, che il nome di Amalek doveva essere “cancellato dall’esistenza”, cioè l’ordine sarebbe stato lo sterminio totale. Cosa c’entrano questi testi con l’attualità?
Dovrebbero entrarci ben poco anche perché a sentire gli archeologi israeliani, i quali hanno fatto ricerche accurate in questi decenni per ordine del proprio governo, alla ricerca del mitico regno di cui parlano i testi, non c’è alcuna traccia di importanti insediamenti se non dei bivacchi di pastori. Sembra, infatti, che le scritture abbiano edulcorato non poco i fatti, descrivendo delle realtà spesso immaginarie, come i mitici grandi regni di Israele. Però, purtroppo, fra i moderni sionisti, c’è qualcuno che, nonostante il laicismo dell’ideologia dei fondatori, come, ad esempio , anche Max Nordau Herzl che nel 1897 fondo’ il sionismo al congresso di Basilea e ne fu nominato presidente. Eppure, nonostante ciò, oggi molti israeliani e filo sionisti, continuano a prendere alla lettera le antiche scritture come se i Greci prendessero ancora alla lettera le motivazioni dell’ira di Achille descritta da Omero nell’Iliade. Eppure il poema Greco era anch’esso ritenuto un testo sacro e storicamente attendibile nell’antichità classica. Siamo arrivati al punto che, un personaggio che aveva fatto parte, anni fa della scuola dei nuovi filosofi francesi, Bernard-Henry Levy, intervistato dal giornalista Maurizio Molinari, in veste di direttore del quotidiano Repubblica, incredibilmente, parlando di un suo nuovo libro e di un capitolo di questo, dedicato ad Amalek, con fare serio e senza fare una piega, afferma che il pericolo di oggi è la ricomparsa di Amalek.
Levy nell’intervista spiega che è tornato il più pericoloso e radicale nemico del popolo ebraico. Prosegue dicendo che Amalek non vuole (notare il tempo presente) solo la disfatta degli ebrei o dividere le terre ma vuole cancellare gli israeliti dalla faccia della terra. Il titolo del libro, pubblicato da “La Nave di Teseo”, è emblematico “Solitudine di Israele”. Il filosofo prosegue affermando che “Tra il fiume e il mare ci sono otto milioni di ebrei che oggi sono da eliminare, da cacciare” Conclude dicendo: “Che cos’è questo se non il ritorno di Amalek?”. Poi afferma che Israele e l’Ucraina combattono la stessa guerra. Levy intende parlare di una guerra quasi metafisica e prosegue dicendo che perderla sarebbe una sconfitta per l’Occidente. Ma se queste sono idee personalissime di un personaggio anche se noto, come il filosofo francese, le stesse opinioni le possiamo vedere in modo speculare nella classe dirigente di Israele. In effetti Netanyahu è intimamente convinto, in modo analogo, di combattere una guerra risolutiva contro il mitico popolo di Amalek, identificato con il popolo palestinese.
Netanyahu addita i palestinesi al suo popolo come fossero loro i discendenti di Amalek, perché questa insistenza col mitico Amalek? Quella contro gli Amaleciti in realtà rappresenta una guerra metafisica del bene, rappresentato da Israele, scontro le forze del male assoluto incarnato ieri da gli Amaleciti e oggi dai palestinesi perché la convinzione è quella che siano se non l’attuale incarnazione dei discendenti di Amalek, un’entità che rappresenta il “nemico” nel senso più puro del termine. Amalek non sarebbe un nemico ma il nemico in quanto sarebbe l’avversario perché nemico di Dio. Quando Netanyahu paragona il popolo palestinese ad Amalek demonizza un popolo reale, confondendolo con un principio metafisico, disumanizzando ciò che è umano.
La deumanizzazione è diffusa, tanto è vero che questa opinione si riflette anche nel parlamento dello Stato di Israele. Facciamo attenzione alle voci che risuonano nella Knesset. Il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich del Partito Sionista Religioso, ha detto dal suo scranno: “Uno stato palestinese non può esistere perché non esiste qualcosa che si chiami popolo palestinese”. La disumanizzazione ha conseguenze gravi perché il paragone di Netanyahu fra palestinesi e popolo di Amalek, può avere conseguenze gravi, in quanto gli Amaleciti sono quel popolo di cui si narra che Saul, il re di Israele ricevette l’ordine di sterminare da parte del profeta Samuele. Ma cosa dice la stampa israeliana? Facciamo un esempio con un giornale governativo. “Questa gente merita di morire, merita una morte dolorosa, una morte tormentosa e invece eccoli là che si divertono sulla spiaggia”. È la prosa di Schlesinger il corrispondente di Hayon, un giornale israeliano a grande tiratura. Lo scritto conclude con una invocazione: “ Abbiamo bisogno di molta più vendetta, un fiume di sangue degli abitanti di Gaza “.
Comprendiamo la rabbia e la sete di vendetta di fronte all’eccidio di Hamas ma questo non è risentimento provocato dal 7 ottobre, è un risentimento più grande, molto più antico, quasi atavico. L’ebreo Sigmund Freud ha studiato il fenomeno dell’antisemitismo, un sentimento diffuso di avversione nei confronti degli ebrei ed ha ipotizzato che potrebbe avere origine nel sentimento di superiorità della religione ebraica. “Il sentimento di elezione, potrebbe aver suscitato nei non ebrei un senso di minaccia o anche di invidia portando a forme di antisemitismo e discriminazione”. Una catastrofe umana si sta realizzando alla luce del sole praticamente in casa anche di quel mondo occidentale che si vanta della sua tradizione illuminista e di un suo presunto razionalismo che avrebbe portato alla democrazia e delle idee positive. Invece vediamo lo stesso Occidente che sembra ipnotizzato da idee che erano osteggiate già da Freud e da Einstein ai loro tempi.
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