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Caro Landini, il Novecento è finito da un pezzo

di Franco Banchi
2 Novembre 2024
In Politica
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Landini nuovo segretario generale della CGIL

Il leader della Fiom Maurizio Landini durante il suo intervento in occasione della manifestazione nazionale della Fiom, Roma, 28 marzo 2015. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

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Caro Landini, il Novecento è finito da un pezzo

Verso lo sciopero generale, parola della CGIL

In questi ultimi giorni il barricadiero Landini, segretario nazionale CGIL, con lo scudiero Bombardieri (UIL), sta pompando a dismisura lo sciopero generale del prossimo 29 Novembre.

Come direbbero i latini, trattasi di una sciopero “totus politicus”, che nel secolo scorso si sarebbe definito di “fiancheggiamento” all’opposizione della Schlein e soci. E verrebbe da chiedersi, utilizzando un linguaggio attuale, se Landini è follower della segretaria del PD o viceversa.

Il bersaglio della coppia sopra citata è il governo e la sua finanziaria, irredimibile

Chi non è della partita, in questo caso la CISL, viene addirittura aggredito verbalmente ed accusato di pericolosa connivenza. Al riguardo Landini non le manda a dir dietro, accusando il sindacato guidato da Sbarra (che per inciso ha più di 4 milioni di iscritti) di “essere d’accordo con il governo”, contestando che il compito di un sindacato non sia quello di dire al governo come sei bravo e bello.

La CISL non accetta egemonie

A stretto giro di posta Sbarra, proprio da Firenze, ha replicato a Landini, sottolineando che la CISL non accetta egemonie da parte di nessuno, che non ha governi amici né nemici, che sa ragionare con la propria testa.

E poi la bordata più dura: “A Maurizio Landini, che nella conferenza stampa si è permesso di offendere la Cisl, consigliamo vivamente di rivestire i panni del sindacalista e di smetterla di fare da traino a un’opposizione politica che non ha davvero bisogno di collateralismi”.

Le affermazioni del segretario Cgil sono ulteriore prova di un’impostazione vetusta e iper-ideologica che non fa bene al pluralismo e alla democrazia di questo Paese. Il Novecento è finito da un pezzo. È tempo che qualcuno se ne renda conto.

Leggi anche: https://www.adhocnews.it/dittatori-democratici-e-non/

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Tags: CGILCOMUNISMOIN EVIDENZASINDACATOSOCIALISMO
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NESSUN PASTO È GRATUITO MA GLI ITALIANI FINGONO DI NON SAPERLO. È di di questi giorni la notizia che solo il 15% della popolazione attiva contribuisce al gettito Irpef , il 45% degli italiani non ha reddito e vive sussidiato.Ovviamente la notizia in sé non ci sorprende, semmai conferma ciò che pensavamo e una volta di più rende evidente la grandezza di un grande Economista come Freadman misconosciuto alla maggioranza degli italiani. Milton Friedman, uno dei principali esponenti del pensiero economico liberista, è celebre per aver affermato che “non esiste un pasto gratuito” (in inglese, “There’s no such thing as a free lunch”). Con questa espressione, Friedman intendeva sottolineare che, in economia, ogni beneficio ottenuto ha un costo che, anche se non sempre visibile o immediato, qualcuno deve pur sostenere. Questo principio si riflette fortemente nei dati emersi dall’Osservatorio sulle entrate fiscali e il finanziamento del welfare di Itinerari Previdenziali, presentati oggi alla Camera dei Deputati. Secondo l’analisi del 2023, sebbene il gettito Irpef sia aumentato del 6,3%, la distribuzione del peso fiscale appare fortemente squilibrata: su 42 milioni di dichiaranti, solo circa 10 milioni di contribuenti versano il 75,57% dell’intera Irpef, lasciando che i rimanenti 32 milioni contribuiscano per appena il 24,43%. Inoltre, quasi la metà degli italiani (il 45,16%) risulta priva di reddito e, di conseguenza, è a carico della collettività, in quanto beneficiaria di servizi e supporti finanziati tramite i contributi di una minoranza di cittadini. Dal punto di vista di Friedman, questo scenario potrebbe rappresentare un caso emblematico di come il “pasto gratuito” rappresentato dal welfare statale, sovvenzionato dai pochi che pagano la maggior parte delle tasse, abbia un costo implicito per la società. Quando il 45% della popolazione non partecipa alla generazione di reddito o è completamente a carico, si ha una dinamica economica insostenibile nel lungo termine, poiché il peso fiscale grava su una base ridotta. Questo non solo solleva questioni di equità, ma crea anche un disincentivo per l’ulteriore crescita economica, poiché gli individui e le aziende che contribuiscono maggiormente possono sentirsi disincentivati dal produrre reddito se il carico fiscale continua ad aumentare per loro. Friedman sosteneva che, senza un sistema di incentivi efficiente, il rischio è che lo Stato imponga un carico fiscale troppo pesante su pochi, mentre offre benefici “gratuiti” a molti. Questo modello, secondo l’economista, rischia di soffocare l’efficienza e la produttività economica del Paese, poiché scoraggia il lavoro e la produttività tra i contribuenti maggiori, limitando le risorse disponibili per ulteriori investimenti o crescita. In Italia, questa dinamica può tradursi in una situazione di stallo: se la pressione fiscale su una minoranza di contribuenti continua a crescere per sostenere la spesa pubblica, si potrebbe arrivare al punto in cui la base fiscale si riduce ulteriormente a causa della fuga di capitali e persone verso sistemi economici più vantaggiosi. Inoltre, questo sistema potrebbe scoraggiare l’emergere di nuove iniziative imprenditoriali, poiché il costo delle imposte potrebbe superare i benefici economici derivanti dal rischio imprenditoriale. In altre parole, per i piccoli e medi imprenditori, il “pasto gratuito” del welfare potrebbe diventare un peso talmente oneroso da scoraggiare l’espansione delle attività economiche e degli investimenti, elementi cruciali per una crescita sostenibile. Friedman avrebbe probabilmente messo in guardia contro il pericolo di dipendere eccessivamente da un numero ristretto di contribuenti per finanziare i servizi pubblici. Una pressione fiscale concentrata può non solo risultare ingiusta, ma anche controproducente: se il peso fiscale diventa insopportabile, i contribuenti più produttivi possono cercare di evadere o eludere le imposte, o addirittura spostarsi verso Paesi con una tassazione più leggera, lasciando il sistema fiscale in una situazione di precarietà ancora maggiore. L’analisi di Itinerari Previdenziali evidenzia anche come la crescita del PIL nominale (+7,7%) non si sia tradotta in un miglioramento proporzionale del gettito Irpef (+6,3%). Questo indica che l’aumento della ricchezza nazionale non viene distribuito in modo tale da coinvolgere tutta la popolazione attiva, lasciando quasi la metà degli italiani a carico della collettività. Tale situazione, unita alla concentrazione della contribuzione fiscale su una minoranza, minaccia la sostenibilità del sistema di welfare e la capacità dello Stato di continuare a offrire servizi essenziali in futuro. In conclusione, l’analisi economica di Milton Friedman suggerirebbe che, senza una riforma del sistema fiscale e delle politiche occupazionali, il modello italiano attuale rischia di diventare insostenibile. Occorre aumentare la partecipazione attiva dei cittadini alla produzione di reddito, riducendo la dipendenza da un numero limitato di contribuenti e incentivando un’economia più inclusiva e produttiva. Solo in questo modo si potrà assicurare che tutti contribuiscano a “pagare il pasto” della spesa pubblica, riducendo i rischi di stagnazione economica e garantendo un futuro più solido per il welfare italiano

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