30 anni dalla fine della Democrazia Cristiana. Sentinella, quanto resta della notte? (ultima parte)

30 anni dalla fine della Democrazia Cristiana. Sentinella, quanto resta della notte? (ultima parte)

Per fermare con un’ istantanea i casi, le cose e le persone che gravitano oggi intorno alla galassia post, neo e democristiana tout court, ci viene in mente la celebre frase di Mao Tse – Tung:

“Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”. Dove l’eccellenza è niente più che il primo dignitoso gradino, appena superiore, da cui può partire la rifondazione di un progetto culturale e politico unitario e, in sincronia, di un partito in quanto tale.

Sentinella, quanto resta della notte?

Per individuare la stella polare verso cui tendere, come propedeutica a questo alto impegno leggiamo con attenzione le parole di Dossetti, che già denunciava: “L’insufficienza delle comunità che dovrebbero formarli; lo sviamento e la perdita di senso dei cattolici impegnati in politica, che non possono adempiere il loro compito proprio di riordinare le realtà temporali in modo conforme all’ Evangelo, per la mancanza di vero spirito di disinteresse e soprattutto di una cultura modernamente adeguata” (Sentinella, quanto resta della notte?, Ed. Paoline 2005).

Rifiutare l’assioma che la DC sia ormai “indicibile”

Ecco, a seguire, quelle che ci sembrano le precondizioni, sicuramente necessarie e non sappiamo se sufficienti, per ricostruire dalle macerie e dalla diaspora.

Punto di partenza: rifiutare l’assioma che la Democrazia Cristiana sia qualcosa di ormai “indicibile”. Dobbiamo affermare senza vergogna che non solo è evocabile, storicamente e politicamente giustificabile, anzi è ancora oggetto di nostra manifesta apologia. Di più: è legittimo rimuoverla dal polveroso museo delle nostalgie per costringerla a parlarci di futuro, certo non la fotocopia di quello che è stato, ma come suggeritrice ed ispiratrice di quello che potrà essere.

Ineluttabile attualità distintiva di un’unica famiglia democratico-cristiana

Il progetto che di conseguenza si può immaginare parte dall’imperativo categorico di riuscire, laddove famiglie, famigliole e gruppuscoli hanno fallito, nel richiamare a casa i democratici cristiani in spirito e di fatto che non si identificano nei programmi neo – conservatori, in quelli neoliberisti o in quelli neo-riformisti, in sostanza coloro che rifiutano la filosofia secondo cui essere “ospiti” di un grande contenitore è più bello, ma sono fermamente convinti dell’ineluttabile attualità distintiva di quel principio ispiratore europeistico degasperiano e sturziano che ha avuto un ruolo così importante nella riunificazione dei popoli europei, che si erano sempre combattuti fino alla seconda guerra mondiale.

Umanesimo trascendente non ibridato

È dunque prioritario ricostituire contestualmente un’armatura culturale tanto mite quanto coriacea, pensosa ed insieme attiva , progettualmente ambiziosa ma realistica che possa orientare, guidare e difendere questa nostra lunga marcia. Al riguardo, anche la Chiesa italiana deve capire che, oltre a qualche sporadico e generico indirizzo, serve una bussola univoca, coraggiosa e, soprattutto, convinta. E parliamo di un’aperta e doppia sollecitudine dei Pastori. La prima tesa al fine di unificare i vari comportamenti dei credenti, che spesso vivono una netta separazione tra fede e impegno sociale, tra fede e politica. La seconda rivolta alla formazione ed azione politica, che prospetti ai giovani, come una delle vie cristiane privilegiate, l’opzione dell’impegno diretto nella città degli uomini.

In sostanza, una cultura decisamente autonoma, nuova, fondata su un umanesimo trascendente, lontana da ibridazioni spurie , infine libera dai meri interessi economici e finanziari.

Una cultura politicamente incarnabile che, come ha più volte sostenuto Carlo Casini “non releghi nella sfera privata della coscienza i valori caratteristici dell’antropologia cristiana” e “non nasconda le radici cristiane del nostro continente”(Carlo Casini. Storia privata di un testimone del nostro tempo, ed. San Paolo).

Stagione costituente: non basta il giuridicismo

Francesco D’Onofrio, già Ministro e capogruppo UDC, esperto costituzionalista, in un’intervista a Liberal del Gennaio 2012, ci invitava a riflettere su un punto di grande interesse, tutt’ora attualissimo: occorre evitare che la stagione costituente, che comprende, al proprio interno, certamente le nuove regole giuridiche e costituzionali, non si fermi a questo semplice livello, ma vada al di là di un giuridicismo inteso in senso assolutistico. Da un lato per non dimenticare mai la natura parlamentare del nostro sistema politico; dall’altro dimostrare anche concretamente che si intende aprire la formulazione giuridica delle nuove regole anche al contributo di forze non presenti in parlamento, ma comunque rappresentative di valori costituenti nella società italiana.

Da democrazia dei partiti a democrazia “nei partiti”

È in questo contesto che si percepisce fino in fondo la novità che concerne anche la definizione di quel particolare soggetto politico che è il partito politico. Al riguardo. sostiene ancora D’Onofrio, non sembra esserci più spazio per partiti per così dire “partitocratici” come in gran parte furono i partiti della cosiddetta “Prima Repubblica”; ma neanche partiti politici tendenzialmente solo elettorali, come è avvenuto in gran parte della cosiddetta “Seconda Repubblica”.

Ci preme ricordare quanto abbiamo avuto modo di scrivere in questo nostro blog (Ci sarà un Terzo Millennio per i partiti? – Franco Banchi: giornale di bordo ):

“In sede costituente venne fatta la scelta prudenziale di non determinare un obbligo giuridico per i partiti,per il tramite del quale si potesse venire a fondare anche una democrazia «nei» partiti politici. A nostro parere, questo oggi non basta più. È necessaria un’aggiornata fase costituente per regolare la vita dei partiti italiani, se non vogliamo che le urne si svuotino in modo esponenziale”.

Azzerare per risorgere : dar vita ad una vera costituente

Per tale motivo è assolutamente necessario che tutte le famiglie o schegge della galassia DC si sciolgano preventivamente, dando luogo ad una “costituente” in cui ciascun iscritto, dopo aver firmato una carta dei valori ed il rispetto di un regolamento vincolante, voti per testa nome, simbolo, nuovo organigramma dall’ a alla zeta e criteri per le candidature. Soprattutto il partito che nasce deve rimettersi ad una precisa metodologia di verifica in tutte le fasi della sua attività, prima affidate agli organi di auto-controllo in seguito, come già detto, ad enti esterni regolamentati per legge, che il partito s’impegna da subito a proporre al legislatore.

Attuare una cultura politica antica e modernamente adeguata

L’obiettivo senza subordinate è quello di dare forma all’uomo nella sua integrale verità. Il crinale su cui muoverci non può che essere quello della dignità della persona a 360° gradi, fondato sui pilastri di vita, famiglia e società. Il plesso delle questioni socio-economiche e culturali che sono oggi sul tappeto è particolarmente delicato e richiede risposte con riferimenti ideali antichi, ma schemi risolutivi nuovi. Solo per fare alcuni esempi: l’industria 4.0 (progetto per l’industria del futuro legata alla digitalizzazione e all’ automazione), l’educazione 4.0 (per i nuovi curricula digitali e l’ ecosistema di apprendimento), la fondazione di un’economia che favorisca la sostenibilità ambientale e sociale; un diverso approccio al terzo settore (per inventare forme inedite di gestione per la produzione e la fruizione di beni comuni e relazionali, così essenziali per il nostro benessere eppure così troppo scarsi in Italia); la ridefinizione di tutti i servizi di welfare in ottica di sussidiarietà, la fioritura di organizzazioni sociali e le condizioni di nuove imprese al servizio del bene comune.

Ci vuole una massa critica in campo: unità ideale e prassica dei cattolici

Per quello che abbiamo sostenuto, la politica non si può dunque configurare come semplice testimonianza.

È piuttosto uno strumento per acquisire il potere per governare la complessità della vita della comunità, con il fine di realizzare un preciso progetto politico.

La necessità di ricostituire una formazione politica che possegga una sufficiente «massa critica» per competere nella piazza elettorale come portatrice di un’unità ideale e prassica dei cattolici appare ineludibile.

Compagni di viaggio, ma senza lasciare la nostra casa

In modo lucido e realistico è anacronistico e poco produttivo teorizzare un compiacimento isolazionista del partito d’ispirazione cristiana, che non può prescindere dal legittimo gioco delle alleanze. Se da una parte è giusto che i cattolici convivano fruttuosamente in alleanze in cui risulta fondamentalmente condivisa la loro concezione di vita, famiglia, libertà religiosa ed educativa, dei diritti (oggi spesso interpretati in senso libertario, individualista, soggettivistico e del tutto slegati dai doveri), appare altrettanto legittimo che mantengano con orgoglio alcuni tratti originali e distintivi, sinteticamente esprimibili con la parola “centrismo”, caratterizzato da un metodo, un processo antropologico ed etico, basato sulla gradualità delle riforme, la cultura della mediazione, l’interclassismo.

Sì dunque ad alleanze consapevoli e motivate non da opportunismo, ma da comuni e rilevanti convergenze di campo, opzioni politiche ed elementi progettuali in vista del maggior bene personale e comunitario, con uno sguardo particolare alla famiglia italiana del PPE, da costituire come soggetto politico comune.

No dunque ad “infeudamenti” manifesti o nascosti.

Per questo il centrodestra rappresenta oggi il nostro compagno di viaggio, ma senza lasciare disabitata quella nostra casa che amiamo.

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