25 dicembre 2020: un furgone nero cala dalla terra dei germani. Scende inesorabile verso la Roma un tempo caput mundi. Valica i valichi, spiana le pianure, spazza le nevi. Nuvoli di mezzi militari lo proteggono nel lungo cammino. Centinaia, tra soldati, poliziotti e carabinieri. Il rischio di bombardamenti degli aerei No Vax era alto, molto alto. Serviva un’armata lampeggiante per proteggere la nostra salute futura.
Cineforum pandemia
Fotografi e cameraman immortalano ogni attimo, pioggia, neve, e poi, finalmente, il sole latino. Il furgone con i vaccini è giunto a destinazione. Un evento storico, “casualmente” verificatosi-verificaDosi nel giorno di Natale.
Le 9.000 dosi (per 62 milioni di abitanti) sono in salvo. Non ci resta che gustarci un sapore vero, per un momento verosimile, bevendo un Amaro Montecitorio.
La Merce su Roma getta nell’oblio quella oramai obsoleta datata 28 ottobre 1922, la Marcia su Roma di mussoliniana memoria. Le similitudini si fermano qui, tuttavia. Nel ’22 si respirava passione, aria di rivoluzione, voglia di cavare questo benedetto Paese fuori dalle paludi della miseria.
Oggi ci hanno deliberatamente trascinato, nella miseria.
Il furgone della speranza
Che il vaccino possa essere la soluzione alla pandemia, non lo metto in dubbio. Non ne ho le competenze. La storia però la conosco, e questa pantomima furgonata ha il sapore dell’olio di regime. L’olio di un motore Mercedes, assurto a veicolo messianico.
La regia del pellegrinaggio del vaccino scimmiotta la propaganda targata Joseph Goebbels, ma il risultato è patetico. Fa quasi tenerezza. Mettere i vaccini su un treno sarebbe stato ben più rapido e sicuro, ma la riuscita nazionalpopolare ne avrebbe eccessivamente risentito. Meglio un furgone che sbanda sulla neve rischiando di mandare a puttane ogni ben di dio.
La spettacolarizzazione della dittatura sanitaria ha la priorità assoluta, milioni di lobi frontali atrofizzati attendono trepidanti davanti ad uno schermo piatto. Come il loro encefalogramma.
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